28 Ottobre 2024

Quale democrazia? Lo scandalo Watergate era una operazione di intelligence per eliminare Richard Nixon

 

Articolo originale in lingua inglese pubblicato dal sottoscritto su X News il 10 maggio 2013

Siamo abituati a pensare allo scandalo Watergate come a una pietra miliare della libertà di stampa e della democrazia Americana. In questi giorni l’argomento è tornato di grande attualità, perché il mancato endorsement da parte del Washington Post al candidato alla presidenza degli Stati Uniti ha suscitato reazioni indignate da parte della redazione storica del giornale  in particolare dai due giornalisti che hanno condotto la storica inchiesta sul Watergate: Bob Woodward e Carl Bernstein. Questi soggetti hanno definito “sorprendente e deludente” la mancata sponsorizzazione da parte dell’editore del candidato democratico.

Questo articolo dimostra che l’inchiesta Watergate è stata non solo pilotata dall’intelligence degli Stati Uniti ma che addirittura anche l’irruzione al comitato dei democtatici è stata una iniziativa della CIA.

Ci hanno raccontato che due semplici giornalisti americani hanno condotto una inchiesta su una violazione di domicilio avvenuta il 17 giugno 1972 al Comitato Nazionale del partito Democratico presso il palazzo del Watergate a Washington DC e sul tentativo dell’amministrazione Nixon di insabbiare il proprio coinvolgimento  in questa iniziativa. Questa inchiesta giornalistica ha poi portato alle dimissioni del Presidente Nixon il 9 agosto 1974.

Ma la maggioranza delle persone non sa nulla della vera storia del Watergate. Quello che sappiamo è che i giornalisti titolari dell’inchiesta erano due sconosciuti: Bob Woodward e Carl Bernstein.

Quello che non sapete è che prima di diventare un “giornalista”, Robert Upshur “Bob” Woodward era un ufficiale dell’ONI, cioè dei servizi segreti della Marina USA.

L’ONI (Office of Naval Intelligence) è l’agenzia di intelligence più antica e più prestigiosa dell’intero apparato di intelligence statunitense, il loro motto è “Once ONI, always ONI“.

Mentre era nell’intelligence navale Bob Woodward era l’ufficiale di collegamento che riferiva all’ammiraglio Thomas Hinman Moorer, il quale durante lo scandalo Watergate era (per puro caso) il capo di stato maggiore delle forze armate USA.

Per puro caso, l’ammiraglio Moorer era l’ufficiale militare che autorizzò i suoi subordinati a spiare le riunioni del Consiglio per la Sicurezza Nazionale alla Casa Bianca durante le indagini sul Watergate… perché né la polizia del Distretto di Columbia, né l’FBI hanno giurisdizione per spiare la Casa Bianca né qualsiasi altro organo del governo degli Stati Uniti. L’ordine deve arrivare ed essere costantemente supervisionato dall’ufficiale militare statunitense di grado più alto, che di solito è il capo del Joint Chief of Staff, in questo caso era l’ex capo di Woodward cioè l’Ammiraglio Moorer.

Bob Woodward durante le indagini sul Watergate fu imboccato da una fonte nota come “gola profonda”, che poi per sua stessa ammissione è stato scoperto che si trattava del direttore associato dell’FBI Mark Felt.

Nella redazione del Washington Post, il supervisore di Bob Woodward era Ben Bradlee, un ex ufficiale dell’intelligence della Marina, esattamente come Woodward, poi passato alla CIA nelle operazioni di propaganda in Europa. Ben Bradlee ricevette la nomina nelle file della Marina USA due ore dopo la laurea nel 1942.
Bradlee entrò nell’Office of Naval Intelligence e lavorò come ufficiale delle comunicazioni nel Pacifico durante la seconda guerra mondiale. I suoi compiti includevano la gestione di cablo classificati e codificati.

Ben Bradlee

Carl Bernstein e Bob Woodward nel 1974

Bob Woodward oggi

 

                                                   

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel 1952, durante il suo servizio nella CIA, Ben Bradlee entrò a far parte dello staff dell’Office of U.S. Information and Educational Exchange (USIE), l’unità di propaganda del dipartimento di Stato. L’USIE produceva film, riviste, ricerche, discorsi e notizie che erano poi utilizzate dalla CIA in tutta Europa. L’USIE (in seguito nota come USIA) controllava anche Voice of America, il servizio ufficiale radiotelevisivo del Governo federale degli Stati Uniti. Mentre era all’USIE, secondo un promemoria del Dipartimento di Giustizia di un assistente procuratore degli Stati Uniti nel processo Rosenberg, Bradlee stava aiutando la CIA a gestire la propaganda europea per caldeggiare la condanna per spionaggio e l’esecuzione di Julius ed Ethel Rosenberg il 19 giugno 1953.

Devo continuare?

Per riassumere, in pratica l’FBI (gola profonda) forniva alla Naval Intelligence (Bob Woodward) informazioni cruciali su una serie di crimini perpetrati dal Presidente degli Stati Uniti e tutto ciò avveniva sotto la supervisione della CIA (Ben Bradlee) e il tutto veniva monitorato dal Capo di Stato Maggiore USA, l’ammiraglio Thomas Hinman Moorer ex capo di Bob Woodward.

Vi fornisco un altro piccolo dettaglio: come l’indagine criminale ha portato gli investigatori dagli scassinatori del Watergate alla Casa Bianca? Grazie a un biglietto trovato nella tasca della camicia di uno dei ladri: Eugenio R. Martinez. Nel biglietto c’era il numero di telefono dell’ufficio della Casa Bianca di un certo Howard E. Hunt, uno dei più famosi agenti della CIA.

Eugenio Martinez era un cubano che lavorava per la CIA dallo sbarco nella baia dei Porci e non era uno che andava in giro con biglietti in tasca con i numeri di telefono del suo Supervisore della CIA che per puro caso in quel periodo lavorava anche per la Casa Bianca.

Come è arrivato Howard Hunt a lavorare per la Casa Bianca? Questa è una domanda che si era fatto anche Richard Nixon. La risposta è a causa del direttore della CIA Richard Helms che, prendendo come scusa la fuga di notizie dei Pentagon Papers, si sentiva più “sicuro” con Howard Hunt alla Casa Bianca………………………..

Howard Hunt non era un agente della CIA qualsiasi, come Oliver Stone fa dire a Richard Nixon nel film Nixon (1995)  “Hunt è nel libro degli orrori“. Hunt era un fedelissimo di Helms e veniva utilizzato per le operazioni più delicate. Hunt aveva iniziato la sua carriera con un grande successo in Guatemala portando a termine il colpo di stato del 1954 con cui la CIA riuscì a rimuovere il presidente democraticamente eletto Jacobo Árbenz e che mise al potere una giunta militare guidata dal generale Carlos Castillo Armas. Hunt aveva svolto un ruolo cruciale anche nel fallito sbarco della baia dei Porci, dove coordinava un gruppo di Cubani che poi sono stati da lui stesso reclutati e portati negli USA. Si tratta di nomi che hanno fatto la storia dell’intelligence USA, perché sono gli stessi che hanno eseguito l’irruzione al Watergate: Virgilio González, Bernard Barker, Eugenio Martínez e Frank Sturgis. Questi Cubani. dalla baia dei Porci in poi sono stati utilizzati dalla CIA per operazioni sia interne che esterne. Durante l’irruzione al Watergate i Cubani stavano lavorando per Howard Hunt che lavorava per la Casa Bianca. Ah si, Howard Hunt era a Dallas il 22 novembre 1963 e pare sia il terzo dei finti barboni fermati dalla polizia di Dallas, di cui c’è anche una fotografia.

Adm. Thomas Moorer

 

Richard Helms

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Howard Hunt

La presenza di Hunt e il collegamento con Martinez ci fa capire che anche l’irruzione al Watergate è stata ideata e condotta dall’intelligence USA. Adottando una metafora, Richard Helms è stato il vero scrittore della storia nota come Watergate, c’era ovviamente anche un editore della storia, probabilmente anche più di uno ma sarebbe troppo per noi, non siamo abbastanza abili da identificare l’editore e comunque non è importante, ciò che importa è sapere che il Watergate non è assolutamente quello che ci hanno raccontato e che volevano farci credere e che c’è un’altra storia dietro quella ufficiale.

In pratica, il Watergate è stato un modo per sbarazzarsi di Richard Nixon attraverso una inchiesta giornalistica ideata, guidata e gestita interamente dall’inizio alla fine dall’intelligence degli Stati Uniti. Queste operazioni di solito sono multi-purpose, cioè servono più obiettivi contemporaneamente e il fatto di avere creato l’immagine del mondo libero e di una stampa libera poteva dirsi un enorme successo perché la credibilità dei media era in grave crisi già all’epoca.

La storia ha portato il pubblico mondiale a credere che l’America fosse la più grande democrazia del mondo e che la stampa libera nel mondo libero della più grande democrazia occidentale può aiutare a scoprire un governo corrotto e a liberarsene. Possiamo affermare senza ombra di dubbio che chiunque fosse l’editore di questa storia era un vero maestro perché la storia del Watergate è un capolavoro di intelligence che definirei un opera d’arte. Il problema è che bastava andare un po a fondo di questa storia per capire che era tutta una montatura, una recita messa su ad arte per creare una immagine totalmente falsa dell’America e nel contempo per liberarsi di un personaggio ormai scomodo come Richard Nixon.

Questa storia è importante perché ci fa capire che da sempre questi soggetti che gestiscono le istituzioni ci hanno raccontato e continuano a raccontarci montagne di menzogne ma sopratutto bisogna considerare il fatto che queste operazioni non sono finite con il Watergate e non sono nemmeno iniziate con il Watergate, sono da sempre la realtà che ci propinano attraverso i media oggi più che mai.

6 Giugno 2024

La favola del virus uscito dal laboratorio conquista gli allocchi

“La maniera migliore per vendere una bugia è nasconderla come se fosse la verità.”

Lynn Baber è una esperta di scienze comportamentali autrice di 6 bestseller. Nel suo articolo “The Best Ways to Sell a Lie  Lynn Baber ci spiega che il modo migliore per far credere a qualcuno una storia falsa è quello di nasconderla come se fosse una verità inconfessabile.

Siamo in Virginia all’inizio del 2016, in una stanza di un palazzo sede di uffici ci sono degli esperti di marketing seduti intorno ad un tavolo. Un uomo in giacca e cravatta entra nella stanza e dice: “Il vostro compito oggi è quello di sviluppare una proposta per una campagna pubblicitaria”.

“La campagna in questione serve a promuovere un prodotto che non esiste ma nessuno lo deve sapere”. Perciò quello che vi si chiede è “come facciamo a fare in modo che il pubblico dia per scontato che un determinato prodotto esiste mentre non esiste?” L’uomo in giacca e cravatta guarda le facce dei candidati chiamati a risolvere quel rebus pubblicitario. Poi si avvicina alla porta e mentre sta per aprirla dice: “avete tre ore di tempo per elaborare le vostre proposte!” Ma mentre apre la porta e sta per uscire uno dei tipi seduti al tavolo si alza e dice: “io ho la soluzione!” L’uomo in giacca e cravatta gira la testa con la mano ancora sulla maniglia per guardare la faccia di colui che ha risposto. Dopodiché chiude la porta e ritorna al centro della stanza e guarda negli occhi il tipo che ha alzato la mano e ha parlato. Si tratta di un giovane pubblicitario, è ancora in piedi e dice: “apriamo un dibattito infinito sulle origini del prodotto!“. L’uomo lo guarda stringendo gli occhi come per osservarlo meglio e il ragazzo continua: “Se dobbiamo far esistere qualcosa che non esiste basta darne per scontata l’esistenza…. parliamo continuamente dell’origine o della nascita di quel prodotto…da dove viene, come è stato fatto, chi lo ha realizzato…in questo modo le persone si concentreranno sulla sua provenienza e daranno per scontato che il prodotto esiste….” L’uomo in giacca e cravatta adesso è fermo in mezzo alla stanza con le braccia conserte e guarda il ragazzo. Ride.

Questa è la ricostruzione di come probabilmente sono andate le cose quando i responsabili del progetto covid 19 dovevano preparare il framework per il covid perception management.

E l’idea che hanno sviluppato per nascondere la verità è stata semplicemente geniale. Insieme alla narrazione del virus mortale hanno attivato una narrazione parallela sulle “origini” del virus, impegnando risorse immani su questa storia: politiche, militari, sanitarie, scientifiche e i media ovviamente. Impegnando una gran parte dell’opinione pubblica sulle origini di una cosa, si dà per assodato che quella cosa esiste. Tutto qui. Perciò la storia sulle origini del covid 19 è stata la storia che più degli studi scientifici ha dato supporto all’esistenza di un virus mai esistito.

Non solo. La storia sulle origini del virus è stata accuratamente pianificata secondo la tempistica del sistema delle rivelazioni, utilizzato nella struttura narrativa delle sceneggiature di Hollywood. Ogni storia prodotta a Hollywood infatti si basa su un impianto di rivelazioni progressive. Abbiamo da una parte la “verità” ufficiale: in questo caso il virus che passa dai pipistrelli all’uomo. Dall’altra invece abbiamo una narrazione complottista di un pericoloso virus fuggito da un laboratorio mentre uno scienziato pazzo sviluppava armi biologiche. All’inizio è solo una teoria del complotto, poi questa teoria viene alimentata da sospetti, poi vengono rivelati degli indizi, poi delle prove et voilà, quella che è la bugia del millennio viene recepita dal pubblico come Verità rivelata. E chi dirige lo spettacolo non deve preoccuparsi quale sarà poi la teoria che prevarrà sull’altra perché tanto sarà comunque una menzogna. L’importante è non uscire dal fatto che il virus esiste ed ha avuto origine in Cina. Fuga dal laboratorio o pipistrelli non fa differenza. Tanto sono entrambe menzogne perché il virus non esiste.

Quello che non si doveva assolutamente scoprire era il fatto che non c’era alcun nuovo virus in circolazione, quindi la strategia era di nascondere la bugia più grande e questo era possibile soltanto focalizzando l’attenzione dell’opinione pubblica sulle origini del virus.

Se ti focalizzi sulle origini del virus, dai per scontato che quel virus esiste. La fantasia che hanno messo in questa operazione non ha precedenti:

Si è passati dalla storia che gli Stati Uniti hanno creato il virus a Fort Detrick, una base dell’esercito USA a Frederick in Maryland, e portato a Wuhan durante i World Games del 2019 a quella che la Cina avesse creato il COVID-19 per usarlo come bioarma e che poi fosse fuoriuscito dai laboratori di Wuhan dove era in fase di sviluppo.

Riguardo l’obiettivo del virus, due narrazioni sono emerse: la prima era che il virus era stato creato dagli USA per indebolire i suoi avversari e distruggere l’economia cinese nel contesto della guerra commerciale tra i due paesi. La seconda era che il COVID 19 era un arma biochimica geneticamente modificata per colpire ed eradicare specifici gruppi etnici. I sostenitori di quest’ultima teoria affermavano che l’arma era stata creata in un laboratorio finanziato dagli USA nella Repubblica della Georgia nel caucaso o in Nord Carolina (USA).

Alcuni credevano che l’obiettivo era l’etnia cinese altri invece gli Iraniani. Tutte queste narrazioni sono state raggruppate addirittura in uno studio svolto niente meno che dall’Atlantic Council, think tank statunitense di supporto alle attività militari della NATO.

Sin dall’inizio della farsa pandemica, il regime ha sostenuto che l’origine della malattia nota come covid 19 fosse in Cina, nella città di Wuhan dove come noto gli Stati Uniti avevano finanziato ed installato dei laboratori di ricerca epidemiologica. La narrazione di regime ha fin dall’inizio negato che l’origine del covid 19 fosse avvenuta per una fuga da questi laboratori di ricerca americani, sostenendo che il virus era in realtà stato trasmesso dai pipistrelli all’uomo.

Come in tante altre operazioni note come psyop, la negazione di una storia serve in realtà per affermarla. L’essere umano adora il processo di conoscenza attraverso il procedimento logico-deduttivo e una teoria del complotto che poi si rivela esatta, costituisce una grande soddisfazione per il bipede che si ritiene esserne lo scopritore. Il problema qui è che la teoria del complotto è stata ideata sin dall’inizio da quelle forze che avevano interesse ad affermare che un pericoloso virus ha minacciato e infettato miliardi di persone.

E allora come si fa per fare si che una storia che non sta in piedi possa essere rivendicata addirittura da coloro che ne sono destinatari?

E’ semplicissimo: la si nega con tutta la forza possibile. Il governo USA fin dall’inizio dell’epidemia ha sostenuto con veemenza che la storia dell’origine del covid come virus fuggito da un laboratorio fosse assolutamente fuori questione ma nel contempo faceva insinuare nella pubblica opinione l’idea che il virus fosse stato creato dal governo USA nel tentativo di sviluppare un arma biologica. L’idea dello scienziato pazzo Anthony Fauci, impegnato in un oscuro programma governativo era avvincente. La strategia della manipolazione è sempre la stessa: si creano due fazioni opposte: una che sostiene l’origine animale del virus, opinione sostenuta dal governo USA nella figura del Senatore Tom Cotton, l’altra, quella complottista della fuga dal laboratorio sostenuta da un membro della finta opposizione: Rand Paul. Non importa quale delle due il pubblico crederà perché sono entrambe false.

Gli Americani sono maestri nell’arte della menzogna, basti pensare all’11 settembre, alla favola delle armi di distruzione di massa in Iraq, alle immagini farlocche dello sbarco sulla luna e chi più ne ha più ne metta. L’ultima gigantesca menzogna è stata quella del virus del covid 19. Dalla pubblicazione su Eurosurveillance il 23 gennaio 2020 dello studio noto come Corman Drosten, in cui il virologo tedesco Christian Drosten ha affermato di avere isolato il virus SARS CoV 2 ci sono voluti dieci mesi per scoprire che si trattava di una truffa.

Il 30 novembre del 2020 il team del biologo Olandese Pieter Borger ha pubblicato Borger et al, lo studio che ha praticamente smantellato l’intera narrazione del covid 19 contestando a Drosten l’intera architettura epidemiologica del presunto virus noto come SARS CoV 2.

In realtà non ci sarebbe nemmeno stato bisogno di scomodare Borger e i suoi meravigliosi aiutanti, tra cui ci sono i migliori biologi del mondo per capire che qualcosa nell’architettura di Drosten non andava. Se si va infatti a leggere lo studio di Drosten, è lo stesso Christian Drosten ad ammettere che “non avendo il virus a disposizione ma soltanto in formato digitale, vista la similitudine morfologica con il SARS 2003 da me scoperto, ho usato quello per sviluppare il test”.

Questa storia è veramente straordinaria perché ci da la misura dello stato mentale degli esseri umani che vivono su questo pianeta. Nessuno si è posto il problema di andare a leggere il Corman Drosten, in cui candidamente Drosten affermava di non avere mai avuto a disposizione il virus. Ma nessuno si è mai nemmeno preso la briga di andarsi a leggere Drosten et al, lo studio del 2003 sul quale l’intera architettura delle restrizioni messe in piedi dai governi di tutto il mondo si basa.

Se si legge Drosten et al, studio del 2003 che riguarda il virus che dovrebbe causare la SARS, si rimane letteralmente sconcertati, perché quello che Drosten afferma nella sezione RISULTATI del suo omonimo studio è che la conclusione di suddetto studio è che:

1) il virus isolato da Drosten ha soltanto il 50% delle caratteristiche di un coronavirus

2) Drosten ammette che gli studi di controllo, anche noti come studi clinici che sono indispensabili per verificare se un determinato virus è causa di una determinata patologia, non sono stati condotti. (Vi ricordo che stiamo parlando della più grande epidemia mai avvenuta su questo pianeta)

3) Siccome il nesso di causalità eziologico necessario per stabilire se il virus isolato da Drosten era la causa della SARS era MANCANTE, la conclusione di Drosten et al è che “il virus in questione POTREBBE avere un ruolo nella causa della SARS”. “Potrebbe avere un ruolo.”

Perciò il 30 novembre 2020, sapevamo già che non c’era nessun nuovo virus in circolazione.

Chiunque abbia ideato questa storia sapeva benissimo che la storia del virus non avrebbe retto più di tanto. Ma sapeva anche che la maggioranza delle persone oggi è scettica rispetto a quanto gli viene raccontato dai media e dai governi e hanno pensato anche a questo. Qualunque esperto del comportamento sa che dentro ogni essere umano c’è un investigatore e che non c’è godimento più grande per un essere senziente della soddisfazione di sapere che quello che si pensava come vero contro l’opinione dominante è vero. Gli americani in particolare soffrono di questa particolare condizione che il regime della menzogna definisce “teoria della cospirazione” da quando il buonsenso o senso comune ha messo in dubbio che Lee Harvey Oswald non poteva avere agito da solo.

Il regime per disinnescare qualunque deviazione dalla narrazione dominante ha tirato fuori la definizione di “complottista” per chiunque provasse a dubitare del fatto che il Presidente Kennedy era stato ucciso da Oswald. E’ normale quindi che gli americani essendo cresciuti in un ambiente che di fatto è abituato ad annientare sul nascere qualunque pensiero critico, oggi dubitino di qualsiasi cosa il governo gli racconti. Ad esempio più del 50% degli americani crede che il Presidente Bush abbia orchestrato o abbia saputo in anticipo degli attacchi dell’11 settembre 2001. (Cassino and Jenkins). Secondo l’istituto di ricerca Pew Research, soltanto due americani su dieci si fidano del governo federale.

Perciò coloro che dirigono il circo qui a Shangri-la non hanno fatto altro che sfruttare la sfiducia che il pubblico nutre verso le istituzioni. Come rubare le caramelle a un bambino.

TIMELINE DELLA FAVOLA SULLE ORIGINI DEL NIENTE

Questa timeline è molto importante, perché mentre la leggete dovete tenere a mente la prospettiva di chi ha come obiettivo che la storia del virus mortale deve assolutamente restare in piedi. Vorrei che la leggeste dal punto di vista di coloro che devono assolutamente evitare che il pubblico scopra che non esiste alcun virus letale in circolazione.

30 dicembre 2019: La commissione sanitaria municipale di Wuhan rilascia un avviso urgente alle istituzioni mediche di Wuhan dicendo che alcuni casi di polmonite di causa sconosciuta sono emersi nel quartiere del mercato cittadino del pesce.

5 Gennaio 2020: le prime teorie della cospirazione che legano il virus alla Cina appaiono On-line. Un utente twitter di Hong Kong afferma che la Cina ha creato il virus. Subito dopo la teoriaappare su altre piattaforme come 4chan e Reddit.

23 gennaio 2020: un articolo sul Daily Mail dice: “La Cina ha costruito un laboratorio per studiare la SARS e Ebola a Wuhan — e esperti USA di biosicurezza nel 2017ci avvertirono che un virus avrebbe potuto fuggire dall’edificio che è il centro per la la lotta all’epidemia”

26 gennaio 2020: Il Washington Times pubblica un articolo dal titolo: “Coronavirus può essersi originato in un laboratorio appartenente al programma Cinese di guerra biologica”. Una nota viene aggiunta a questo articolo il 25 marzo: “Dalla pubblicazione di questo articolo, scienziati fuori dalla Cina hanno studiato il SARS-CoV-2 ed hanno concluso che non mostra segnali di essere statocreato o manipolato di proposito in un laboratorio”

30 gennaio 2020 : Il Senatore USA Tom Cotton, durante un’udienza della Commissione del Senato sui servizi armati dice : “Questo coronavirus è una catastrofe nella scala di Chernobyl per la Cina. Ma in verità è probabilmente peggio di Chernobyl, i cui effetti erano lcocalizzati. Questo coronavirus potrebbe causare una pandemia globale” E aggiunge: “Vorrei farvi notare che Wuhan è l’unica città in Cina con un superlaboratorio con livello di biosicurezza 4 che lavora con i più mortali patogeni del mondo che includono, si, i coronavirus”

Vorrei qui rammentare che il virus preso come campione da Christian Drosten per il test del covid 19 utilizzato in tutto il pianeta, è il 2003 SARS CoV, che non solo è soltanto “un’ipotesi di virus” ma soprattutto non è nemmeno definibile come coronavirus.

3 Febbraio 2020 : i ricercatori del Wuhan Institute of Virology pubblicano nella rivista Nature che il nuovo coronavirus che si sta diffondendo intorno al mondo è un virus derivato dai pipistrelli. Il report afferma che il SARS-CoV-2 è per il 96.2% identico alla sequenza genomica del coronavirus dei pipistrelli noto come RaTG13.

E’ importante qui evidenziare il fatto che il RATG13 è esattamente come il SARS CoV di Drosten “una ipotesi di virus” perché oltre a non essere mai stato isolato trattasi di un betacoronavirus zoonico, cioè limitato alle specie animali. Inoltre, la sequenza genomica del virus RaTG13 esattamente come per la truffa del SARS CoV 2 fatta da Drosten è stata ricostruita in silico dal campionamento metagenomico (cioè il campionamento è avvenuto sul posto e non mediante coltura cellulare). Il nome tecnico per questo tipo di ricostruzione è “chimera in silico”, cioè ricostruito al computer. Infatti non è mai stato confermato che RaTG13 esista in natura, che sia stato coltivato o isolato in alcun laboratorio, tantomeno che sia un agente patogeno umano vitale. Un virus vivo “RaTG13” non è mai stato rilevato in nessun campione di laboratorio del Wuhan Institute of Virology né in nessun altro laboratorio. Capite perciò che questo report pubblicato su Nature non solo non serve a nulla ma è soltanto funzionale alla narrazione favolesca di questo virus fantomatico che nessuno vede e nessuno conosce. Nel frattempo però migliaia di persone in Europa muoiono a causadi questo virus, come è possibile?

6 Febbraio 2020 Botao Xiao, un ricercatore di biomeccanica molecolare alla South China University of Technology, pubblica un articolo che afferma che “il coronavirus mortale ha probabilmente avuto origine da un laboratorio a Wuhan.” Xiao indica la causa nelle lacune di sicurezza del laboratorio e nel tipo di ricerca condotte nel laboratorio. Xiao ritirerà l’articolo poche settimane dopo su insistenza delle autorità Cinesi secondo le quali nessun incidente è avvenuto nel laboratorio di Wuhan.

9 febbraio 2020: In risposta alle critiche dell’ambasciatore Cinese che le affermazioni di Cotton

di 10 giorni prima sono “assolutamente folli”, il senatore pubblica un tweet “Ecco cosa non è una cospirazione e nemmeno una teoria, primo fatto: La Cina ha mentito riguardo il fatto che il virus è partito dal mercato di Wuhan. Altro fatto: il super laboratorio è a poche miglia dal mercato. Dove è iniziato? Non lo sappiamo. Ma le prove indicano voi e i vostri compagni comunisti. Adesso dovete aprire a scienziati internazionali competenti.

Da notare come questi commenti del Senatore Cotton, dia non solo per scontato che il virus esista e che la sua origine sia in Cina. Stiamo parlando di un senatore degli Stati Uniti che accusa un paese straniero di essere all’origine di una pandemia globale senza nessuna prova scientifica o di altro tipo a supporto. Nessuna.

16 febbraio 2020: Il senatore Cotton, in risposta ad un articolo del Washington Post che lo critica propone 4 scenari su Twitter: “1. origine naturale (ancora quella più probabile ma quasi sicuramente non dal mercato di Wuhan) 2) buona scienza cattiva sicurezza l’ipotesi è che stessero sperimentando una metodologia diagnostica e dei vaccini e la fuga del virus è stato un incidente. 3 cattiva scienza cattiva sicurezza (questa è l’ipotesi dell’arma biologica ingegnerizzata con una fuga accidentale) 4 Rilascio volontario (molto improbabile ma non da escludere finché non abbiamo le prove). Nessuna di queste sono “teorie” e certamente non sono teorie della cospirazione. Queste sono ipotesi che devono essere studiate alla luce dell’evidenza.

19 febbraio 2020: su Lancet viene pubblicata una dichiarazione da parte di un gruppo di 27 scienziati: “Siamo uniti per condannare fermamente le teorie del complotto che suggeriscono che il covid-19 non ha un’origine naturale”, afferma la dichiarazione. Gli scienziati “concludono in modo schiacciante che questo coronavirus ha avuto origine nella fauna selvatica”. La dichiarazione è stata redatta e organizzata da Peter Daszak, presidente della EcoHealth Alliance, che ha finanziato la ricerca presso il WIV con sovvenzioni del governo statunitense. (Tre firmatari da allora hanno affermato che un incidente di laboratorio è sufficientemente plausibile da meritare di essere preso in considerazione.)

Questa dichiarazione è particolarmente importante perché questi scienziati come tali, sanno benissimo che non esiste alcun nuovo virus.

11 marzo 2020: Scientific American pubblica un profilo del virologo Shi Zhengli, che dirige un gruppo che studia i coronavirus dei pipistrelli al WIV. “Non mi sarei mai aspettata che una cosa del genere accadesse a Wuhan, nella Cina centrale”, ha detto. Se il colpevole fosse il coronavirus, ricorda di aver pensato: “Potrebbero provenire dal nostro laboratorio?” L’articolo afferma che dopo la comparsa del virus, Shi ha esaminato freneticamente i registri del suo laboratorio degli ultimi anni per verificare l’eventuale cattiva gestione dei materiali sperimentali, ma “ha tirato un sospiro di sollievo quando sono arrivati ​​i risultati: nessuna delle sequenze corrispondeva”. quelli dei virus che la sua squadra aveva campionato dalle caverne dei pipistrelli. Ha detto alla rivista: “Questo mi ha davvero tolto un peso dalla mente. Erano giorni che non chiudevo occhio”.

Questa notizia è molto importante perché ci dice che delle sequenze campionate in Cina nessuna è lontamente simile al pattern del virus di Drosten. Questo perché il virus di Drosten non solo non viene dalla Cina ma non è mai esistito.

17 marzo 2020: un’analisi pubblicata su Nature Medicine da un influente gruppo di scienziati afferma: “Sebbene le prove dimostrino che SARSCoV-2 non è un virus manipolato di proposito, è attualmente impossibile provare o confutare le altre teorie sulla sua origine qui descritte. Tuttavia, poiché abbiamo osservato tutte le caratteristiche degne di nota del SARS-CoV-2, incluso l’RBD [dominio di legame del recettore] ottimizzato e il sito di clivaggio polibasico, nei coronavirus correlati in natura, non crediamo che alcun tipo di scenario basato su laboratorio sia plausibile. “

Tenete presente che per stessa ammissione di Drosten, il SARS CoV2 che come sappiamo per ammissione dello stesso Drosten è il SARS CoV1 o 2003 SARS CoV ha solo il 50% delle caratteristiche dei coronavirus, il che non è sufficiente nemmeno a caratterizzarlo come tale.

La comunità dell’intelligence interviene

27 marzo 2020: una valutazione della Defense Intelligence Agency sull’origine del coronavirus viene aggiornata per includere la possibilità che il nuovo coronavirus sia emerso “accidentalmente” a causa di “pratiche di laboratorio non sicure”.

2 aprile 2020: David Ignatius, scrivendo sul Washington Post, osserva: “Il principale sospettato è la trasmissione ‘naturale’ dai pipistrelli agli esseri umani, forse attraverso mercati non igienici. Ma gli scienziati non escludono che un incidente avvenuto in un laboratorio di ricerca a Wuhan possa aver

diffuso un virus mortale proveniente dai pipistrelli che era stato raccolto per studi scientifici”.

14 aprile 2020: Josh Rogin, scrivendo su The Post, rivela che nel 2018, funzionari del Dipartimento di Stato hanno visitato il WIV e “hanno inviato due avvertimenti ufficiali a Washington sulla sicurezza inadeguata del laboratorio, che stava conducendo studi rischiosi sui coronavirus dei pipistrelli. I dispacci hanno alimentato discussioni all’interno del governo degli Stati Uniti sul fatto se questo o un altro laboratorio di Wuhan fosse la fonte del virus, anche se le prove conclusive devono ancora emergere”.

22 aprile 2020: Yuri Deigin, un imprenditore biotecnologico, in un lungo e dettagliato post su Medium , passa in rassegna la ricerca sul “guadagno di funzione ” condotta in laboratorio e conclude che “da un punto di vista tecnico, non sarebbe difficile per un virologo moderno creare una tensione tale” come il nuovo coronavirus. E aggiunge: “Vale la pena ripetere anche il punto opposto: neanche l’ipotesi inversa sull’origine esclusivamente naturale del virus ha ancora prove forti”.

L’uomo della strada ama imparare nuove espressioni che sottendono concetti scientifici capaci di spiegare un complotto governativo. “Il guadagno di funzione” che non significa un cazzo ha riempito la bocca dell’uomo della strada facendolo sentire consapevole della vera realtà dietro il complotto pandemico. La verità e cioè che non c’è mai stato nessun virus è molto più banale ma molto più agghiacciante se si pensa che sono stati sperimentati farmaci velenosi a miliardi di persone inconsapevoli.

24 aprile 2020: sotto la pressione della Casa Bianca, il National Institutes of Health revoca la sovvenzione alla EcoHealth Alliance che aveva finanziato lo studio sui coronavirus dei pipistrelli al WIV.

30 aprile 2020: il presidente Donald Trump dice ai giornalisti : “C’era la teoria dal laboratorio…ci sono molte teorie. Ma abbiamo persone che ci stanno lavorando molto attentamente…”

30 aprile 2020: in una rara dichiarazione , l’Ufficio del Direttore dell’intelligence nazionale afferma: “La comunità dell’intelligence concorda anche con l’ampio consenso scientifico secondo cui il virus COVID-19 non è stato creato dall’uomo o geneticamente modificato…. L’IC continuerà a esaminare rigorosamente le informazioni e l’intelligence emergenti per determinare se l’epidemia è iniziata attraverso il contatto con animali infetti o se è stata il risultato di un incidente in un laboratorio di Wuhan”.

[ Articolo del Washington Post: un laboratorio cinese ha condotto ricerche approfondite sui virus mortali dei pipistrelli, ma non ci sono prove di rilascio accidentale.

3 maggio 2020: il segretario di Stato Mike Pompeo afferma in un’intervista con ABC News: “Ci sono enormi prove che tutto ciò abbia avuto inizio da lì. … Ricordate, la Cina ha una storia di infezione del mondo e ha una storia di gestione di laboratori al di sotto degli standard. Queste non sono le prime volte in cui il mondo è esposto a virus a causa di fallimenti in un laboratorio cinese”.

18 maggio 2020: The Seeker, un utente anonimo di Twitter, pubblica una tesi medica descrivendo una miniera a Mojiang, nello Yunnan, dove i minatori si ammalarono di polmonite indotta da virus nel 2012.

4 giugno 2020: Milton Leitenberg , scrivendo sul Bulletin of the Atomic Scientists , passa in rassegna la storia della sicurezza di laboratorio e il tipo di ricerca condotta al WIV e sostiene che la teoria delle perdite di laboratorio non può essere facilmente respinta. “I pro e i contro riguardo alle due possibilità alternative: in primo luogo, che sia nato sul campo come un’evoluzione naturale, come sostengono molti virologi, o in secondo luogo, che potrebbe essere stata la conseguenza della ricerca sul coronavirus dei pipistrelli in una delle due ricerche di virologia istituti situati a Wuhan che hanno portato all’infezione di un ricercatore di laboratorio e alla successiva fuga, si basano ugualmente su deduzioni e congetture”, afferma.

Emergono nuove prove

4 luglio 2020: il Times di Londra riporta che un virus identico al 96% al coronavirus che causa

il covid-19 è stato trovato in una miniera di rame abbandonata in Cina nel 2012. La miniera di rame infestata da pipistrelli nella Cina sudoccidentale ospitava un coronavirus che ha lasciato sei uomini malati di polmonite, tre dei quali alla fine morirono, dopo essere stati incaricati di spalare il guano di pipistrello fuori dalla miniera. Questo virus è stato raccolto nel 2013 e poi conservato e studiato al WIV.

Tenete presente che questo articolo del Times in pratica ritira fuori la storia fritta e rifritta che è quella del virus RaTG13 proposta dai ricercatori del WIV pubblicata non si sa come su Nature nonostante sia acclarato che non è mai stato confermato che RaTG13 esista in natura, che sia stato coltivato o isolato in alcun laboratorio, tantomeno che sia un agente patogeno umano vitale. Un virus vivo “RaTG13” non è mai stato rilevato in nessun campione di laboratorio del Wuhan Institute of Virology né in nessun altro laboratorio.

28 luglio 2020: Jamie Metzl, ex funzionario della sicurezza nazionale dell’amministrazione Clinton,

scrive sul Wall Street Journal che “suggerendo che un’epidemia di coronavirus mortale da pipistrello si sia verificata casualmente vicino all’unico istituto di virologia di livello 4 in tutta la Cina, che stava studiando il parente più stretto conosciuto di quel virus esatto mette a dura prova la credulità. Chiede che “un’indagine forense completa debba includere il pieno accesso a tutti gli scienziati, ai campioni biologici, ai registri di laboratorio e ad altri materiali degli istituti di virologia di Wuhan e di altre organizzazioni cinesi rilevanti. Negare tale accesso dovrebbe essere considerato un’ammissione di colpa da parte di Pechino”.

31 luglio 2020: la rivista Science pubblica un’intervista con Shi Zhengli del WIV. Ha affermato che è impossibile che qualcuno nell’istituto sia stato infettato, affermando che “ad oggi, c’è ‘infezione zero’ per tutto il personale e gli studenti del nostro istituto”. Ha aggiunto: “L’affermazione del presidente Trump secondo cui il SARS-CoV-2 sarebbe trapelato dal nostro istituto contraddice totalmente i fatti. Mette a repentaglio e influenza il nostro lavoro accademico e la vita personale. Ci deve delle scuse”. Nell’intervista, ha ammesso che alcune ricerche sul coronavirus sono state condotte al livello di biosicurezza 2, non al più restrittivo BSL-4.

2 novembre 2020: David A. Relman, un microbiologo dell’Università di Stanford, scrive nei Proceedings of the National Academy of Sciences : “Nella ‘storia delle origini’ mancano molti dettagli chiave, inclusa una storia evolutiva recente plausibile e adeguatamente dettagliata del virus, l’identità e la provenienza dei suoi antenati più recenti e, sorprendentemente, il luogo, il tempo e il meccanismo di trasmissione della prima infezione umana”.

17 novembre 2020: viene pubblicato un autorevole articolo scritto da Rossana Segreto e Yuri Deigin: “La struttura genetica della SARS-CoV-2 non esclude un’origine di laboratorio”. Il documento osservava che “un ospite naturale, diretto o intermedio, non è stato ancora identificato”. Sostiene che alcune caratteristiche del coronavirus “potrebbero essere il risultato di tecniche di manipolazione di laboratorio come la mutagenesi sito-diretta. È meno probabile che l’acquisizione di entrambe le caratteristiche uniche da parte del SARS-CoV-2 più o meno simultaneamente sia naturale o causata solo dal passaggio seriale cellula/animale”. Il documento concludeva: “Sulla base della nostra analisi, un’origine artificiale della SARS-CoV-2 non è una teoria del complotto infondata che deve essere condannata”, facendo riferimento alla dichiarazione di Lancet di febbraio.

17 novembre 2020: I ricercatori del WIV, tra cui Shi, pubblicano un addendum al loro rapporto del 3 febbraio su Nature, riconoscendo che RaTG13, il coronavirus del pipistrello strettamente associato al coronavirus, è stato trovato in una grotta mineraria dopo che diversi pazienti si erano ammalati di “grave malattie respiratorie” nel 2012 mentre puliva la grotta.

[Opinione del Washington Post: non potremo scoprire le origini della pandemia se la polizia del pensiero cinese continua a tenere d’occhio gli scienziati ]

4 gennaio 2021: la rivista New York pubblica un lungo articolo di Nicholson Baker, che esamina le prove e conclude che lo scenario della fuga di dati dal laboratorio è più convincente di quanto si credesse in precedenza.

15 gennaio 2021: Alcuni giorni prima che Trump lasci l’incarico, il Dipartimento di Stato pubblica una ” scheda informativa ” sul WIV in cui si afferma: “Il governo degli Stati Uniti ha motivo di credere che diversi ricercatori all’interno del WIV si siano ammalati nell’autunno 2019, prima del primo caso identificato di l’epidemia, con sintomi coerenti sia con il covid-19 che con le comuni malattie stagionali. … Il WIV ha un record pubblicato di conduzione di ricerche sul “guadagno di funzione” per progettare virus chimerici. Ma il WIV non è stato trasparente o coerente riguardo al suo studio sui virus più simili al virus covid-19, incluso “RaTG13”, che ha campionato da una grotta nella provincia dello Yunnan nel 2013 dopo che diversi minatori morirono di malattie simili alla SARS. “

20 gennaio 2021: Joe Biden diventa presidente.

9 febbraio 2021: un rapporto congiunto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e della Cina dichiara: “I risultati suggeriscono che è estremamente improbabile che l’ipotesi dell’incidente di laboratorio spieghi l’introduzione del virus nella popolazione umana”.

11 febbraio 2021: il segretario generale dell’OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus rifiuta di escludere lo scenario di una fuga di dati dal laboratorio. “Sono state sollevate alcune domande sul fatto che alcune ipotesi siano state scartate”, ha detto . “Ci tengo a precisare che tutte le ipotesi restano aperte e necessitano di ulteriori approfondimenti”.

19 febbraio 2021: il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan rilascia una dichiarazione sul rapporto dell’OMS: “Siamo profondamente preoccupati per il modo in cui sono stati comunicati i primi risultati dell’indagine sul COVID19 e abbiamo domande sul processo utilizzato per raggiungerli. È fondamentale che questo rapporto sia indipendente, con i risultati degli esperti esenti da interventi o alterazioni da parte del governo cinese. Per comprendere meglio questa pandemia e prepararsi alla prossima, la Cina deve rendere disponibili i suoi dati fin dai primi giorni dell’epidemia”.

4 marzo 2021: eminenti scienziati di tutto il mondo, in una lettera aperta all’OMS , chiedono una nuova indagine sulle origini del virus, affermando che l’indagine precedente era viziata. La lettera descriveva dettagliatamente gli elementi di un’indagine “completa e senza restrizioni”. (Ulteriori lettere verranno rilasciate il 7 e il 30 aprile).

22 marzo 2021: il quotidiano australiano riporta : “I ricercatori dell’Istituto di virologia di Wuhan che lavoravano sui coronavirus sono stati ricoverati in ospedale con sintomi coerenti con il covid-19 all’inizio di novembre 2019 in quello che i funzionari statunitensi sospettano potrebbe essere stato il primo focolaio”.

28 marzo 2021: “60 Minutes” trasmette un rapporto sulle domande persistenti sulle origini del coronavirus, con la partecipazione di Metzl e dell’ex vice consigliere per la sicurezza nazionale Matt Pottinger. “C’era un ordine diretto da Pechino di distruggere tutti i campioni virali – e loro non si sono offerti volontari per condividere le sequenze genetiche”,dice Pottinger, citando informazioni di intelligence declassificate.

5 maggio 2021: l’ex reporter scientifico del New York Times Nicholas Wade, scrivendo sul Bulletin of the Atomic Scientists , esamina le prove e sostiene con forza la teoria delle perdite di laboratorio. Si concentra in particolare sul sito di scissione della furina, che aumenta l’infettività virale per le cellule umane. La sua analisi produce questa citazione di David Baltimore, virologo ed ex presidente del California Institute of Technology: “Quando ho visto per la prima volta il sito di scissione della furina nella sequenza virale, con i suoi codoni di arginina, ho detto a mia moglie che era la prova decisiva”. per l’origine del virus. Queste caratteristiche rappresentano una potente sfida all’idea di un’origine naturale per la SARS2”.

Questa gente non sa di cosa parla. Non esiste uno studio che dimostri l’isolamento del SARS CoV2 perché l’unico esistente, cioè Drosten et al, si rifà al pattern genomico del virus della SARS, scoperto nel 2003 dallo stesso Christian Drosten e per sua stessa ammissione il virus da lui scoperto non è nemmeno un virus ma “una ipotesi di virus, che potrebbe avere un ruolo nel causare la SARS”. Non so se vi rendete conto della magnitudine della presa per il culo.

14 maggio 2021: diciotto eminenti scienziati pubblicano una lettera sulla rivista Science, affermando che è necessaria una nuova indagine perché “le teorie del rilascio accidentale da un laboratorio e dello spillover zoonotico rimangono entrambe valide”. Uno dei firmatari è Ralph Baric, un virologo che ha lavorato a stretto contatto con Shi.

17 maggio 2021: un altro ex reporter scientifico del New York Times, Donald G. McNeil Jr., pubblica su Medium: “Come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la teoria delle perdite di laboratorio”. Cita W. Ian Lipkin della Columbia University – che aveva firmato la lettera del marzo 2020 su Nature Medicine – che affermava che la sua mente era cambiata alla luce delle nuove informazioni.

22 Aprile 2024

Il virus SARS CoV2 non è mai esistito

 

Ha suscitato scalpore il comunicato pubblicato dall’agenzia sanitaria statunitense CDC (Centers for Disease Control and Prevention) secondo il quale il Covid 19 può adesso essere trattato come una normale influenza. In verità che la malattia nota come Covid 19 è una normale influenza lo sappiamo dal gennaio 2020, cioè da quando è stato pubblicato lo studio noto come Corman Drosten. Che cos’è il Corman Drosten? Il Corman Drosten è lo studio scientifico sul quale si basa la metodologia diagnostica utilizzata dai laboratori privati e pubblici negli USA e in Europa per lo screening del virus noto come SARS CoV 2. 

Il 14 dicembre 2020 dopo tre mesi di duro lavoro di ricerca e raccolta della letteratura scientifica più rilevante sulla metodologia diagnostica nota come RT-PCR  ho pubblicato il seguente articolo:

“Il disastro del Corman Drosten mette la parola fine alla pantomima del covid 19”.

L’articolo ha come punto di partenza il lavoro di ricerca svolto dal gruppo del microbiologo Olandese Pieter Borger, il quale non appena pubblicato il Corman Drosten sulla rivista Eurosurveillance lo ha analizzato punto per punto mettendo in evidenza degli errori macroscopici che sono confluiti in uno studio noto come Borger et al. Tale studio ha messo in luce tutte le discrepanze e l’inconsistenza del test del covid 19 e di conseguenza del virus SARS CoV2. Il gruppo di Pieter Borger ha successivamente inviato una lettera ad Eurosurveillance chiedendo il ritiro del Corman Drosten.

Il mio lavoro di ricerca è consistito quindi nel fare una semplice summa della letteratura scientifica esistente fino a quel momento sulla metodologia diagnostica utilizzata per lo screening del virus noto come SARS CoV 2 e tirare delle conclusioni, queste conclusioni sono che non esiste né è mai esistito alcun nuovo virus identificabile come SARS CoV2.

Le conclusioni sulla non esistenza del virus noto come SARS CoV2 sono date da evidenze scientifiche fornite dagli stessi autori del Corman Drosten nella cui front cover gli autori dichiarano senza mezzi termini che al momento di sviluppare il test non avevano a disposizione un campione del virus e di conseguenza ne hanno utilizzato uno  del 2003 (il 2003 SARS CoV) morfologicamente simile e scoperto dallo stesso Christian Drosten. 

Senza dover entrare nel merito, secondo quanto statuito dagli autori nella front cover del loro stesso studio, il test del covid 19 è stato sviluppato in assenza di un isolato biologico, o corpo morfologico del virus.

Questo perché a detta del dr. Victor Corman, co-autore dello studio e del test, “il governo cinese non ha mai fornito al dr. Drosten l’isolato del virus ma soltanto il pattern del virus in formato digitale”. Siccome il dr. Drosten e il Dr. Corman non avevano a disposizione l’isolato di questo virus noto come SARS CoV2, il Dr. Drosten per sua stessa ammissione ha comparato lo schema genomico del virus in formato digitale ed ha appurato che era molto simile al 2003 SARS CoV, un virus da lui stesso scoperto nel 2003.

Perciò il test del covid 19 utilizzato nei laboratori pubblici e privati del mondo occidentale (USA e UE) si basa su di un virus il 2003 SARS CoV, scoperto da Christian Drosten nel 2003 ed in circolazione da quella data. Questa dichiarazione è presente nella front cover del Corman Drosten che potete leggere qui di seguito sulla rivista Eurosurveillance.

Abstract del Corman Drosten

                                                                           La front cover del Corman Drosten

Perciò quando un individuo si reca in un laboratorio per fare il test del covid 19 se risulta positivo significa che è positivo ad un virus che ad oggi è in circolazione da più di venti anni.

Abbiamo capito quindi che Christian Drosten per sviluppare il test del covid 19 ha utilizzato come gold standard il virus 2003 SARS CoV.  Questo virus scoperto da Drosten nel 2003 è quindi secondo  quanto afferma Christian Drosten nel suo studio del 2003, noto come Drosten et al, il virus che causerebbe la SARS. Drosten afferma che “il virus è stato isolato mediante la tecnica della coltura cellulare e un filamento da 300 nucleotidi è stato ottenuto mediante amplificazione con RT-PCR”. Nella sezione Risultati (Results) del suddetto studio Drosten ci dice testualmente che: “questo nuovo virus a livello di caratterizzazione genetica è molto distante dai coronavirus già conosciuti” (l’identicità è tra il 50 e il 60 percento della sequenza di nucleotidi). Il che significa che il virus in questione non è classificabile come coronavirus al 100% ma solo al 50-60%.

Nella sezione Discussione, Drosten ci dice testualmente che: “Il virus è stato rilevato in una varietà di campioni clinici da pazienti con SARS ma non negli studi di controllo (perché questi non sono stati fatti).  “Bisogna considerare che in passato i virus che sono stati inizialmente isolati in pazienti con una specifica patologia si è poi scoperto in indagini successive che non esisteva alcuna associazione” (tra il virus rilevato e la malattia).  “Perciò, studi più approfonditi con gruppi di controllo appropriati sono necessari al fine di verificare o eliminare la nostra IPOTESI circa la causa della SARS”.  

 

 

Se andiamo a leggere le conclusioni del suddetto studio, Drosten ammette candidamente che: “Il nuovo coronavirus potrebbe avere un ruolo nel causare la SARS.” Questo significa che il 2003 SARS CoV non solo non è un coronavirus e non è nemmeno il virus che causa la SARS ma “potrebbe avere un ruolo nel causare la sindrome in questione”

 

In conclusione il virus utilizzato da Christian Drosten come gold standard per il test del Covid 19 è in realtà soltanto una ipotesi di virus.  E questo ce lo dice lo stesso Christian Drosten nella front cover del suo studio Identification of a Novel Coronavirus in Patients with Severe Acute Respiratory Syndrome pubblicato sul New England Journal of Medicine il 15 maggio 2003.

Riguardo la clamorosa notizia di questi giorni che il CDC adesso considera il virus noto come Covid 19 come una normale influenza, come potete vedere nell’immagine che vi riporto qui in basso e nel link di seguito L’agenzia governativa Britannica UK Health Security Service ha classificato il Covid 19 come virus non pericoloso già dal 19 marzo 2020. 

 

E in generale se si legge il mio articolo si evince chiaramente che le istituzioni governative Britanniche come lo UK Health Security Service o accademiche come il Centre for Evidence-Based Medicine (CEBM) presso l’Università di Oxford non hanno mai mentito, né nascosto la verità, anzi, tutti gli studi da me condivisi e citati e sui quali si basa il mio articolo sono stati pubblicati in maggioranza dall’Università di Oxford. Il problema è che le persone, invece di approfondire l’argomento andando a vedere cosa dicevano esattamente le istituzioni sanitarie o accademiche hanno dato retta alla campagna allarmistica dei media mainstream. 

Il Centre for Evidence-Based Medicine (CEBM) è un centro di divulgazione di evidenze scientifiche, il cui direttore ricordiamo è Carl Henegan co-autore di Jefferson et al, lo studio più completo realizzato sul Covid 19 perché il Dr. Jefferson ha raccolto ed esaminato tutti i 29 studi esistenti fino ad allora sul virus noto come SARS CoV 2 mettendone in evidenza tutte le inconsistenze e le discrepanze ma lasciando al lettore il giudizio finale. Al contrario il gruppo di Pieter Borger in Borger et al  ha denunciato apertamente la frode del Corman Drosten.

Il CEBM ha sempre pubblicato aggiornamenti  dagli studi da me citati nell’articolo:  Jefferson et alBullard et alJafaar et alYoung et al etc. Il che significa che la scienza ufficiale britannica ha sempre conosciuto la vera portata di questa finta epidemia ed ha sempre pubblicato i risultati degli studi e bisogna riconoscere che questo merito va attribuito all’Università di Oxford, senza la quale oggi non avremmo saputo nulla di questo finto virus ma saremmo rimasti totalmente nel panico creato dai nostri governi e dai media.

Il mio articolo purtroppo non è stato pubblicato su una famosa rivista scientifica né in un news media mainstream ma è stato pubblicato solo sul mio blog amatoriale sulla piattaforma  blogspot.com ed oggi se si vuole leggerlo google pone due limitazioni. La prima è che vi avverte che sul mio blog sono pubblicati contenuti sensibili e bisogna dichiarare di essere d’accordo. La seconda è che per leggere l’articolo bisogna essere maggiorenni ed accedere quindi con un account di google.  Per questo motivo ho dovuto pubblicarlo sul mio sito web personale. Nonostante tutto questo, l’articolo da dicembre 2020 ad oggi è stato letto da più di 50.000 lettori ma non è mai stato riportato da alcun organo di stampa mainstream.

 

 

Il giorno 5 marzo 2024 il giornalista italiano Cesare Sacchetti ha pubblicato l’articolo Il CDC dichiara che il Covid ora è un’influenza: storia di un virus mai isolato creato al computer citando per esteso il mio articolo pubblicato nel mio sito personale www.highconcept.it e per questo lo ringrazio pubblicamente.

Tuttavia, constato con rammarico che a tutt’oggi ci sono ancora persone che si vanno a fare il test del covid 19 e che asseriscono che questo virus esiste.

 

 

 

11 Aprile 2024

Il ministro della Sanità Roberto Speranza era stato informato che il test del covid 19 produceva risultati falsi

 

 Il ministro della Sanità Roberto Speranza che fa il gesto del triplo sei

 

Di seguito la lettera inviata dal sottoscritto il 14 aprile 2021 al Ministro della Sanità Roberto Speranza sulla fallacità del test del covid 19.

 

Da: Gianluca D’Agostino

 

 

A: Dott. Roberto Speranza
Ministero della Salute
Lungotevere Ripa, 1
00153 – Roma
segreteriaministro@sanita.it

 

 

e, per conoscenza:

 

Dott.ssa Maria Cristina Rota
Procura della Repubblica
Tribunale di Bergamo
mariacristina.rota@giustizia.it

 

Dott.ssa Maura Ripamonti
Procura della Repubblica
Tribunale di Milano
ufficiopmripamonti.procura.milano@giustizia.it

 

Dott.ssa Tiziana Siciliano
Procura della Repubblica
Tribunale di Milano
ufficiopmsiciliano.procura.milano@giustizia.it

 

Dott. Nicola Gratteri
Procura della Repubblica
Catanzaro
procura.catanzaro@giustizia.it

 

Procura di Bologna
procura.bologna@giustizia.it

 

Procura di Firenze
procura.firenze@giustizia.it

 

Procura di Roma
procura.roma@giustizia.it

 

Procura di Venezia
procura.venezia@giustizia.it

 

Procura di Rimini
procura.rimini@qiustizia.it

 

Procura di Napoli
procura.napoli@giustizia.it

 

Procura di Palermo
procura.palermo@giustizia.it

 

Procura di Trieste
procura.trieste@giustizia.it

 

Procura di Aosta
procura.aosta@giustizia.it

 

Procura di Potenza
procura.potenza@giustizia.it

 

Procura di Campobasso
procura.campobasso@giustizia.it

 

Procura di Torino
procura.torino@giustizia.it

 

Procura di Perugia
procura.perugia@giustizia.it

 

Procura di Genova
procura.genova@giustizia.it

 

Procura di Trento
procura.trento@giustizia.it

 

Procura di Bolzano
procura.bolzano@giustizia.it

 

Procura di Bari
procura.bari@giustizia.it

 

Procura di L’Aquila
procura.laquila@giustizia.it

 

Procura di Cagliari
procura.cagliari@giustizia.it

 

Dr. Bobby Rajesh Malhotra
ICSLS
International Consortium of Scientists In Life Sciences
https://cormandrostenreview.com

 

Dr. Kevin P. Corbett
ICSLS
International Consortium of Scientists In Life Sciences
https://cormandrostenreview.com

 

Dr. Kevin McKernan
ICSLS
International Consortium of Scientists In Life Sciences
https://cormandrostenreview.com

 

 

Ancona, 14 aprile 2021

 

Oggetto: Segnalazione criticità strutturale della metodologia diagnostica del Covid 19

 

Egregio Ministro,

 

scrivo per segnalarle un problema riguardante la metodologia diagnostica del virus SARS-CoV-2.

 

Mi riferisco allo studio noto come Corman-Drosten che costituisce la base della metodologia diagnostica utilizzata per i test del Covid 19 e che secondo la letteratura scientifica disponibile al momento, mi riferisco in particolare agli studi noti come Bullard et al,  Jafaar et al,  Young et alSurkova et al  Jefferson et al e sopratutto Borger et alproduce oltre il 90% di falsi risultati positivi. (Allegati nr. 1, 2, 3 e 4).

Tali risultati sono quelli che poi vanno a costituire i dati ufficiali sui quali il suo organo di governo ha messo in atto i provvedimenti restrittivi delle nostre libertà fondamentali.

Oltre a produrre un numero indefinito di falsi positivi, stimato intorno al 90%, la diagnostica Corman-Drosten non è in grado di distinguere tra campioni positivi e campioni negativi, perché la diagnostica molecolare RT-PCR non distingue tra frammenti di RNA inattivi e un campione in cui è presente un virus in grado di riprodursi e quindi come tale, contagioso.

Tale fallacità della metodologia diagnostica è stata recepita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che con la circolare del 13 gennaio 2021 (allegato 5) WHO Information Notice for IVD Users 2020/05 Nucleic acid testing (NAT) technologies that use polymerase chain reaction (PCR) for detection of SARS-CoV-2 ha raccomandato agli operatori dei laboratori analisi di non interpretare come positivi i risultati ottenuti con il solo utilizzo della diagnostica RT-PCR.

In particolare, secondo Jafaar et al, quelli ottenuti con un numero di cicli superiore a 35, la probabilità che produca falsi positivi è del 97% mentre secondo Bullard et al, in laboratorio non si è osservata contagiosità nei campioni con un valore Ct maggiore di 24, mentre secondo lo studio Borger et al il numero di falsi positivi creati dall’RT-PCR  è pari al 90% del totale, indipendentemente dal numero di cicli di amplificazione,.

Da una verifica effettuata dal sottoscritto sul sito italiano dell’OMS, che tra l’altro è gestito dal Ministero della salute, la circolare suddetta non è mai stata pubblicata, né i laboratori analisi privati o pubblici italiani da me interpellati l’hanno mai ricevuta.

Perciò mi sono sentito in dovere di mettere in copia la Procura della Repubblica di Bergamo e le altre principali procure italiane per fare si che verifichino se qualcuno non abbia volontariamente occultato alcune informazioni cruciali, a partire dalla fallacità dell’RT-PCR che rivelerebbe che in realtà la situazione epidemica è molto meno grave di quello che finora ci hanno raccontato.

Infatti qualcuno potrebbe avere interesse a mantenere in piedi lo stato di emergenza, gonfiando il numero dei contagi, magari per costringere le persone a vaccinarsi senza che questo sia necessario, perché come dimostrato da Borger et al, se il 90’% dei contagi rilevati con l’RT-PCR sono falsi, l’entità di questo fenomeno epidemico deve essere rivista.

Secondo l’ISS i casi positivi al virus nella settimana del 2 aprile 2021 sono stati 49.186. Sapendo che la diagnostica Corman-Drosten produce oltre il 90% di falsi positivi, è plausibile dedurre che di quei 49.186 soltanto il 10% potrebbe essere infettato ed eventualmente contagioso. Stiamo parlando di 4918 individui che rappresentano lo 0.08% su una popolazione di 60.360.000 persone

Questo perché, come dimostrato da Bullard et al, la diagnostica RT-PCR non è in grado di distinguere tra il segnale di un virus in grado di riprodursi ed un semplice frammento di RNA inattivo.

Il che significa che il test del Covid 19 non è in grado nemmeno di distinguere tra un campione positivo e uno negativo. Perciò di questi 4918 individui risultati positivi dovremmo comunque andarne a verificare la contagiosità caso per caso.

Con questi dati risibili dal punto di vista statistico, ritengo fondamentale che il suo Ministero della Salute verifichi di conseguenza e il prima possibile, il metodo di elaborazione del numero di riproduzione effettivo espresso in Rt. In particolare ciò che vorrei sapere è sulla base di quali parametri, il valore del numero di riproduzione elaborato dal Ministero della Salute, può essersi anche soltanto avvicinato ad 1 se i dati sui contagi sono quelli prodotti dall’ISS da me qui riportati, essendo questi dati falsi a monte per via della fallacità della diagnostica.

A consolidare questa criticità della metodologia diagnostica è intervenuto anche il tribunale amministrativo della città di Vienna, con la sentenza VGW-103/048/3227/2021-2 del 24 Marzo 2021 (allegato 6) con la quale il tribunale austriaco ha sancito la non affidabilità dell’RT-PCR come strumento diagnostico, escludendo dai dati utilizzati dal governo austriaco per l’implementazione delle misure restrittive, coloro che erano risultati positivi al test RT-PCR. Il tribunale amministrativo di Vienna cita a tale proposito, oltre alla circolare dell’OMS del 13 gennaio 2021 sopracitata (mai diffusa in Italia) lo studio Bullard et al nella parte in cui ha dimostrato in laboratorio che oltre i 24 cicli di amplificazione non sussiste alcuna possibilità di riproduzione del virus SARS-CoV-2.

La presente costituisce una semplice segnalazione di un privato cittadino che assiste all’applicazione di misure estremamente sproporzionate rispetto alla reale portata di questo fenomeno epidemico e per questo motivo la invito a verificare da subito:

 

1) La mancata comunicazione ai laboratori analisi italiani della circolare IVD Users 2020/05 Nucleic acid testing (NAT) technologies that use polymerase chain reaction (PCR) for detection of SARS-CoV-2 e per quale motivo in Italia questa circolare non è mai stata né pubblicata né inviata ai laboratori analisi pubblici e privati e per quale motivo non è presente sul sito italiano dell’OMS (ospitato dal Ministero della Salute).

 

2) L’affidabilità dell’RT-PCR come strumento diagnostico perché l’intera letteratura scientifica disponibile al momento a livello mondiale (Jefferson et al, Bullard et al, Borger et al, Young et al, Jafaar et al e Surkova et al) ha dimostrato in laboratorio che non solo l’RT PCR è totalmente inaffidabile come metodo diagnostico ma produce oltre il 90% di risultati falsi positivi.

 

3) Mettere subito in stand-by qualunque iniziativa Covid-free basata sui tamponi molecolari, perché se questi producono il 90% di falsi positivi e sono perciò completamente inaffidabili, qualunque iniziativa Covid-free associata ai trasporti ad esempio, come i treni o gli aerei covid-free, non hanno alcun senso. Senza parlare della violazione dell’art. 3 della Costituzione che sancisce il principio di eguaglianza, il quale sarebbe violato non solo per via di un’emergenza epidemiologica che non c’è ma sul fatto che i dati essendo falsi, non sono in grado di operare alcuna distinzione tra soggetti positivi e soggetti negativi, in quanto il test dell’RT-PCR non distingue tra soggetti positivi al virus SARS-Cov-2 e soggetti negativi.

4) Rivedere l’urgenza della terapia vaccinale, perché se il 90% dei contagi sono falsi non vi è alcuna urgenza di vaccinare la popolazione. Tanto più che si tratta di una terapia sperimentale che non è ancora stata sottoposta a validazione.

Dal ricevimento di questa mia comunicazione la ritengo perciò informato riguardo la reale situazione della fallacità della diagnostica, della inadeguatezza del numero di riproduzione a classificare la situazione nazionale come critica e quindi come incapace di giustificare lo stato di emergenza messo in atto dal governo.

La presente comunicazione è trasmessa in copia al al Dr. Bobby Rajesh Malhotra, al Dr. Kevin Corbett e al Dr. Kevin McKennan, co-autori dello studio Borger et al, prodotto dall’ICSLS (International Consortium of Scientists In Life Sciences), consorzio di 22 scienziati provenienti da USA, Europa e Giappone i quali hanno scoperto e messo in evidenza il disastro della diagnostica del Corman Drosten su cui si basa il test del virus SARS-CoV-2 e con il quale hanno richiesto a Eurosurveillance il ritiro della pubblicazione di Victor Corman e Christian Drosten.

Lo studio Borger et al è disponibile sul sito https://cormandrostenreview.com ed è grazie a suddetto studio che l’OMS ha poi emesso la circolare del 13 gennaio sopracitata mai arrivata in Italia. L’intera storia è comunque riassunta nel mio articolo “Il disastro del Corman Drosten” (allegato 7). Il Dr. Corbett, il Dr. Malhotra e il Dr. McKennan che ci leggono in copia, saranno felici di rispondere a qualunque domanda sulla fallacità della diagnostica Corman-Drosten e sono a Sua disposizione e a disposizione delle Procure che ne faranno richiesta per qualunque informazione o chiarimento a tale riguardo.

 

Tanto dovevo,

 

Gianluca D’Agostino

 

 

 

Allegati:

 

1) Predicting Infectious Severe Acute Respiratory Syndrome Coronavirus 2 From Diagnostic Samples (Bullard et al)

 

2) Correlation Between 3790 Quantitative Polymerase Chain Reaction–Positives Samples and Positive Cell Cultures, Including 1941 Severe Acute Respiratory Syndrome Coronavirus 2 Isolates (Jafaar et al)

 

3) Viral cultures for COVID-19 infectious potential assessment – a systematic review (Jefferson et al)

 

4) False-positive COVID-19 results: hidden problems and costs (Surkova et al)

 

5) WHO Information Notice for IVD Users 2020_05 Nucleic acid testing (NAT) technologies that use polymerase chain reaction (PCR) for detection of SARS-CoV-2

 

6) Sentenza del Tribunale Amministrativo di Vienna VGW-103/048/3227/2021-2 del 24 Marzo 2021

 

7) Il disastro del Corman-Drosten – Articolo dal blog Titanic Italia.

8 Aprile 2024

Per l’ennesima volta: i tamponi danno il 90% di falsi positivi

Matteo D’Amico

Qui sotto, un documento redatto da un medico marchigiano e inviato come monito al Presidente della Regione marche e a un grande numero di autorità pubbliche. Il documento è quindi già divulgato, ma merita di essere fatto conoscere a un pubblico il più vasto possibile perchè confuta, allegando i migliori studi internazionali sul tema, l’idea che sia attendibile il test usato per rilevare i casi di positività. Son cose già note, ma vengono chiarite in modo particolarmente efficace: il sistema attuale di tamponi produce fino al 90/95 % di casi di “falsi positivi”, permettendo alle autorità di procedere a lockdown totalmente ingiustificati , in quanto non vi è nessuna pandemia in corso.  

 

/ continua a leggere su Maurizio Blondet

5 Marzo 2024

Il SARS CoV2 non è mai esistito

 

 

Ha suscitato scalpore il comunicato pubblicato dall’agenzia sanitaria statunitense CDC (Centers for Disease Control and Prevention) secondo il quale il Covid 19 può adesso essere trattato come una normale influenza. In verità che la malattia nota come Covid 19 è una normale influenza lo sappiamo dal gennaio 2020, cioè da quando è stato pubblicato lo studio noto come Corman Drosten. Che cos’è il Corman Drosten? Il Corman Drosten è lo studio scientifico sul quale si basa la metodologia diagnostica utilizzata dai laboratori privati e pubblici negli USA e in Europa per lo screening del virus noto come SARS CoV 2. 

Il 14 dicembre 2020 dopo tre mesi di duro lavoro di ricerca e raccolta della letteratura scientifica più rilevante sulla metodologia diagnostica nota come RT-PCR  ho pubblicato il seguente articolo:

“Il disastro del Corman Drosten mette la parola fine alla pantomima del covid 19”.

L’articolo ha come punto di partenza il lavoro di ricerca svolto dal gruppo del microbiologo Olandese Pieter Borger, il quale non appena pubblicato il Corman Drosten sulla rivista Eurosurveillance lo ha analizzato punto per punto mettendo in evidenza degli errori macroscopici che sono confluiti in uno studio noto come Borger et al. Tale studio ha messo in luce tutte le discrepanze e l’inconsistenza del test del covid 19 e di conseguenza del virus SARS CoV2. Il gruppo di Pieter Borger ha successivamente inviato una lettera ad Eurosurveillance chiedendo il ritiro del Corman Drosten.

Il mio lavoro di ricerca è consistito quindi nel fare una semplice summa della letteratura scientifica esistente fino a quel momento sulla metodologia diagnostica utilizzata per lo screening del virus noto come SARS CoV 2 e tirare delle conclusioni, queste conclusioni sono che non esiste né è mai esistito alcun nuovo virus identificabile come SARS CoV2.

Le conclusioni sulla non esistenza del virus noto come SARS CoV2 sono date da evidenze scientifiche fornite dagli stessi autori dello studio noto come Drosten et al, nella cui front cover gli autori dichiarano senza mezzi termini che al momento di sviluppare il test non avevano a disposizione un campione del virus e di conseguenza ne hanno utilizzato uno  del 2003 (il 2003 SARS CoV) morfologicamente simile e scoperto dallo stesso Christian Drosten. 

Senza dover entrare nel merito, secondo quanto statuito dagli autori nella front cover del loro stesso studio, il test del covid 19 è stato sviluppato in assenza di un isolato biologico, o corpo morfologico del virus.

Questo perché a detta del dr. Victor Corman, co-autore dello studio e del test, “il governo cinese non ha mai fornito al dr. Drosten l’isolato del virus ma soltanto il pattern del virus in formato digitale”. Siccome il dr. Drosten e il Dr. Corman non avevano a disposizione l’isolato di questo virus noto come SARS CoV2, il Dr. Drosten per sua stessa ammissione ha comparato lo schema genomico del virus in formato digitale ed ha appurato che era molto simile al 2003 SARS CoV, un virus da lui stesso scoperto nel 2003.

Perciò il test del covid 19 utilizzato nei laboratori pubblici e privati del mondo occidentale (USA e UE) si basa su di un virus il 2003 SARS CoV, scoperto da Christian Drosten nel 2003 ed in circolazione da quella data. Questa dichiarazione è presente nella front cover del Corman Drosten che potete leggere qui di seguito e sulla rivista Eurosurveillance.

Abstract del Corman Drosten

La front cover del Corman Drosten

Perciò quando un individuo si reca in un laboratorio per fare il test del covid 19 se risulta positivo significa che è positivo ad un virus che ad oggi è in circolazione da più di venti anni.

Abbiamo capito quindi che Christian Drosten per sviluppare il test del covid 19 ha utilizzato come gold standard il virus 2003 SARS CoV.  Questo virus scoperto da Drosten nel 2003 è quindi secondo  quanto afferma Christian Drosten nel suo studio del 2003, noto come Drosten et al, il virus che causerebbe la SARS. Drosten afferma che “il virus è stato isolato mediante la tecnica della coltura cellulare e un filamento da 300 nucleotidi è stato ottenuto mediante amplificazione con RT-PCR”. Nella sezione Risultati (Results) del suddetto studio Drosten ci dice testualmente che: “questo nuovo virus a livello di caratterizzazione genetica è molto distante dai coronavirus già conosciuti” (l’identicità è tra il 50 e il 60 percento della sequenza di nucleotidi). Il che significa che il virus in questione non è classificabile come coronavirus al 100% ma solo al 50-60%.

Nella sezione Discussione, Drosten ci dice testualmente che: “Il virus è stato rilevato in una varietà di campioni clinici da pazienti con SARS ma non negli studi di controllo (perché questi non sono stati fatti).  “Bisogna considerare che in passato i virus che sono stati inizialmente isolati in pazienti con una specifica patologia si è poi scoperto in indagini successive che non esisteva alcuna associazione” (tra il virus rilevato e la malattia)“Perciò, studi più approfonditi con gruppi di controllo appropriati sono necessari al fine di verificare o eliminare la nostra IPOTESI circa la causa della SARS”.  

 

 

Se andiamo a leggere le conclusioni del suddetto studio, Drosten ammette candidamente che: “Il nuovo coronavirus potrebbe avere un ruolo nel causare la SARS.” Questo significa che il 2003 SARS CoV non solo non è un coronavirus e non è nemmeno il virus che causa la SARS ma “potrebbe avere un ruolo nel causare la sindrome in questione”

 

In conclusione il virus utilizzato da Christian Drosten come gold standard per il test del Covid 19 è in realtà soltanto una ipotesi di virus.  E questo ce lo dice lo stesso Christian Drosten nella front cover del suo studio Identification of a Novel Coronavirus in Patients with Severe Acute Respiratory Syndrome pubblicato sul New England Journal of Medicine il 15 maggio 2003.

Riguardo la clamorosa notizia di questi giorni che il CDC adesso considera il virus noto come Covid 19 come una normale influenza, come potete vedere nell’immagine che vi riporto qui in basso e nel link di seguito L’agenzia governativa Britannica UK Health Security Service ha classificato il Covid 19 come virus non pericoloso già dal 19 marzo 2020. 

 

E in generale se si legge il mio articolo si evince chiaramente che le istituzioni governative Britanniche come lo UK Health Security Service o accademiche come il Centre for Evidence-Based Medicine (CEBM) presso l’Università di Oxford non hanno mai mentito, né nascosto la verità, anzi, tutti gli studi da me condivisi e citati e sui quali si basa il mio articolo sono stati pubblicati in maggioranza dall’Università di Oxford. Il problema è che le persone, invece di approfondire l’argomento andando a vedere cosa dicevano esattamente le istituzioni sanitarie o accademiche hanno dato retta alla campagna allarmistica dei media mainstream. 

il Centre for Evidence-Based Medicine (CEBM) è un centro di divulgazione di evidenze scientifiche, il cui direttore ricordiamo è Carl Henegan co-autore di Jefferson et al, lo studio più completo realizzato sul Covid 19 perché il Dr. Jefferson ha raccolto ed esaminato tutti i 29 studi esistenti fino ad allora sul virus noto come SARS CoV 2 mettendone in evidenza tutte le inconsistenze e le discrepanze ma lasciando al lettore il giudizio finale. Al contrario il gruppo di Pieter Borger in Borger et al  ha denunciato apertamente la frode del Corman Drosten.

Il CEBM ha sempre pubblicato aggiornamenti  dagli studi da me citati nell’articolo:  Jefferson et al, Bullard et al, Jafaar et al, Young et al etc. Il che significa che la scienza ufficiale britannica ha sempre conosciuto la vera portata di questa finta epidemia ed ha sempre pubblicato i risultati degli studi e bisogna riconoscere che questo merito va attribuito all’Università di Oxford, senza la quale oggi non avremmo saputo nulla di questo finto virus ma saremmo rimasti totalmente nel panico creato dai nostri governi e dai media.

Il mio articolo purtroppo non è stato pubblicato su una famosa rivista scientifica né in un news media mainstream ma è stato pubblicato solo sul mio blog amatoriale sulla piattaforma  blogspot.com ed oggi se si vuole leggerlo google pone due limitazioni. La prima è che vi avverte che sul mio blog sono pubblicati contenuti sensibili e bisogna dichiarare di essere d’accordo. La seconda è che per leggere l’articolo bisogna essere maggiorenni ed accedere quindi con un account di google.  Per questo motivo ho dovuto pubblicarlo sul mio sito web personale. Nonostante tutto questo, l’articolo da dicembre 2020 ad oggi è stato letto da più di 50.000 lettori ma non è mai stato riportato da alcun organo di stampa mainstream.

 

 

Il giorno 5 marzo 2024 il giornalista italiano Cesare Sacchetti ha pubblicato l’articolo Il CDC dichiara che il Covid ora è un’influenza: storia di un virus mai isolato creato al computer citando per esteso il mio articolo pubblicato nel mio sito personale www.highconcept.it e per questo lo ringrazio pubblicamente.

Tuttavia, constato con rammarico che a tutt’oggi ci sono ancora persone che si vanno a fare il test del covid 19 e che asseriscono che questo virus esiste.

21 Settembre 2023

Wikileaks è l’ufficio Pubbliche Relazioni del Pentagono?

 

L’articolo che state per leggere di seguito è stato pubblicato per la prima volta in lingua inglese il 22 novembre 2010 su American Chronicle, che dopo poco è stato chiuso, poi è stato pubblicato su Examiner.com ma anche Examiner.com è stato chiuso. Poi è stato pubblicato sul blog di Yahoo News ma anche questo blog è stato chiuso. Allora l’ho pubblicato sul mio blog personale XNews su blogspot.com ma dopo un po’ il post è stato misteriosamente rimosso.  Il 22 maggio 2023 ho tradotto questo articolo in italiano e ho scoperto oggi che il testo di questa premessa era stato spostato dall’inizio all’interno dell’articolo. Ciliegina sulla torta: quando il riferimento a questo articolo è stato inserito sul mio profilo di Wikipedia, il mio profilo Wikipedia è stato cancellato. Il 21 settembre 2023, il presente articolo è stato offuscato, nel senso che non si poteva accedere alla URL e quindi condividerlo. Potete verificarlo voi stessi nella pagina blog di questo sito c’è ancora l’articolo offuscato che è inaccessibile all’utente. 

 

 

Il 27 settembre 2010, sei ufficiali in pensione dell’USAF (United States Air Force), incluso l’ex comandante della base Capitano Robert Salas, hanno tenuto una conferenza stampa presso il National Press Club di Washington DC, durante la quale hanno dichiarato di avere avuto degli incontri con UFO che hanno completamente compromesso in più di una occasione i sistemi di difesa nucleare degli Stati Uniti. La conferenza era stata organizzata da Robert Hastings, un ricercatore americano che si occupa di fenomeni UFO

Stranamente, dopo dichiarazioni così eclatanti, le reazioni sia dai media mainstream che dal governo USA sono state inesistenti.

Al contrario, la settimana successiva, dopo che una organizzazione fino a quel momento pressoché sconosciuta di nome Wikileaks pubblicava sul proprio sito, dei cablo ottenuti dal Dipartimento della Difesa USA sull’andamento della guerra in Iraq e in Afghanistan, la reazione dei media mainstream è stata enorme sia per volume che per il livello di indignazione.

Questi cablo pubblicati da Wikileaks riguardavano diversi contenuti: dalla violazione di diritti umani da parte delle forze della coalizione, (un osso da dare al pubblico per confermare il titolo di fonte credibile a Wikileaks) al fatto che l’esercito USA finalmente aveva trovato le armi di distruzione di massa in Iraq. Stranamente nemmeno il governo americano ha mai ammesso di avere trovato queste armi di distruzione ma secondo Wikileaks sono state trovate.

Un altro famoso cablo pubblicato da Wikileaks riguardava l’agente dei servizi segreti italiani Nicola Calipari, che secondo questi cablo era stato ucciso dai soldati americani di guardia al checkpoint dell’aeroporto di Bagdad perché l’automobile che stava guidando aveva i fari spenti. Questo cablo pubblicato da Wikileaks confermava perciò la versione ufficiale del Pentagono su questo “incidente” diplomatico.

Un altro cablo pubblicato da Wikileaks riguardava la notizia secondo cui il governo dell’Iran stava fornendo le cinture esplosive che i militanti di Al Qaeda utilizzavano per farsi esplodere.

Un altra grande rivelazione di Wikileaks è stata che le guardie rivoluzionarie Iraniane Al Quds, avrebbero addestrato le milizie sciite irachene in territorio Iraniano. Da notare che dopo la pubblicazione di questi due cablo pubblicati da Wikileaks il governo degli Stati Uniti ha imposto ulteriori sanzioni al governo iraniano.

Il cablo più interessante di quelli rilasciati da Wikileaks è stato sicuramente quello che affermava che l’agenzia di intelligence del Pakistan stava collaborando con i Talebani.

Questi cablo pubblicati da Wikileaks sembravano i tipici aggiornamenti di intelligence sul campo, che vengono prodotti quotidianamente nell’ordine delle migliaia.

Si tratta di report che nessuno vorrebbe mai leggere e nessun network televisivo menzionerebbe mai nei propri notiziari nemmeno se qualcuno pagasse per farlo. E invece questi “leaks” sono stati capaci di creare una reazione indignata da tutti i media, saturando i titoli principali di notiziari tv, siti web di informazione, radio e giornali.

E’ come se Wikileaks fosse un riciclatore gigante di questi rapporti di intelligence quotidiani che altrimenti non avrebbe mai raggiunto un pubblico perché sono talmente noiosi che nemmeno quando si è in bagno si definirebbero interessanti.

Prima di tutto questi rapporti sono totalmente frammentati, non ci sono nomi, luoghi o dati sul personale militare. Questo significa che le informazioni trasmesse non possono essere considerate “sensibili”, nemmeno in termini di difesa tattica e certamente nemmeno di aiuto strategico per il nemico. E’ come se una manina avesse cancellato le informazioni sensibili prima di passarle nelle mani di quel deficiente.

Il portavoce del Dipartimento di Stato P.J Crowley ha detto: “alcuni di quei documenti riguardavano un conflitto che era sottofinanziato e questo ha costituito un elemento fondamentale nella revisione della strategia supervisionata dal presidente”.

“la maggior parte sono notizie vecchie” ha detto il Senatore John McCain (audio minuto 2:59)

“Il quadro che emerge da questi cablo aggiunge poco a ciò che già sapevamo — che la guerra in Afghanistan negli ultimi anni si è deteriorata e che non stiamo vincendo.”

In generale questi documenti del Pentagono pubblicati da Wikileaks sembrano favorire soltanto il Pentagono perché la maggior parte dei cablo sono perfettamente coincidenti con la visione della situazione del conflitto espressa dal Dipartimento della difesa USA.

In realtà la maggior parte di questi cablo sembra mirino a resuscitare alcune lamentele morte e sepolte contro i nemici ma anche contro gli alleati del Pentagono, come l’Iran, l’Italia, la Francia, come la storia di Nicola Calipari per esempio che attribuisce la responsabilità della sua morte a Calipari stesso. Dopo tutte queste rivelazioni uno dovrebbe fermarsi un attimo a pensare e chiedersi “ma per chi lavora questo Wikileaks?”.

Inoltre, tutti i documenti non relativi alla guerra in Iraq sono stati rimossi da Wikileaks.org e la cosa veramente più strana è che nonostante il nome del sito wiki-leaks (soffiate wiki), cioè mediante collaborazione di tutti, come il sito Wikipedia per intenderci, il sito non accetta alcuna proposta da parte di alcun leaker. E invece di continuare con l’approccio Wiki che permette all’intera comunità globale di partecipare, Wikileaks ha dato l’esclusiva a una manciata di organi di informazione mainstream e non permette più al pubblico di commentare i documenti pubblicati. Che strano!

Alla fine della fiera questi documenti di Wikileaks rivelano molto poco se non nulla – nessuna informazione incriminante la Presidenza o che danneggi la percezione del pubblico riguardo l’integrità del governo USA, anzi al contrario.

Inoltre i documenti non forniscono nessuna nuova notizia ma confermano le affermazioni che sono già di dominio pubblico: che la guerra in Afghanistan sta andando male, che è sottofinanziata, che le forze della coalizione hanno utilizzato le forze speciali per condurre uccisioni o rapimenti contro la leadership Talebana; e cosa più importante che l’Intelligence Pakistana (ISI) è stata ambigua nella sua cooperazione con le forze militari statunitensi.

Non sto dicendo che il signor Assange è un esperto di pubbliche relazioni assunto dal Pentagono o dal governo USA perché non ne abbiamo alcuna evidenza, più probabilmente si tratta solo di un egocentrico in cerca di attenzione.

La prova principale che Wikileaks è probabilmente un operazione di perception management condotta dal Pentagono è costituita dalle reazioni dei media e delle istituzioni, perché in qualunque campagna mediatica quello che veramente conta è la reazione che riesci a provocare con la tua azione. La reazione più importante è stata: “Wikileaks ha messo le vite dei militari USA in grave pericolo.” E questo era sicuramente il principale obiettivo di questa enorme operazione di propaganda: ricordare al pubblico che c’è una guerra da qualche parte e che i nostri poveri soldati stanno rischiando le loro vite e che questi rischi sono stati aumentati dal comportamento irresponsabile di Wikileaks.

La storia si ripete per coloro che la conoscono. Vi ricordate di Daniel Ellsberg e “le carte del pentagono” nel 1971? Ellsberg recitava la parte del pacifista mentre in realtà era un ex marine e un analista militare che non avrebbe mai e poi mai fatto qualcosa senza che gli sia stato ordinato da un superiore nella scala gerarchica militare. Diciamo perciò che gli è stato ordinato di divulgare questa carta igienica…

Infatti in conseguenza di questa sua attività di divulgazione dei pentagon papers, Ellsberg non è stato né licenziato né condannato e nemmeno incolpato per questa fuga di documenti dal Pentagono. Lo stesso presidente Nixon, come risulta dai nastri registrati nello studio ovale ha affermato che i documenti divulgati da Ellsberg erano “innocui”.

La verità è che Wikileaks è più che altro una tipica operazione di disinformazione o di perception management come si definiscono oggi queste operazioni.

E comunque sembra che questa psyop di Wikileaks alla fine può definirsi un successo visto che dopo ben dodici anni ci sono ancora movimenti, manifestazioni, raccolta di fondi e altri eventi che chiedono la liberazione di Julian Assange.

1 Settembre 2023

Il disastro del Corman Drosten mette la parola fine alla pantomima del Covid 19

Il 4 settembre 2020 mentre visitava il cantiere della nuova stazione ferroviaria di interscambio HS2 a Solihull, vicino Birmingham, Boris Johnson ha dichiarato che i test del covid 19 producevano il 93% di falsi positivi.

Il 23 settembre 2020 la stessa dichiarazione è stata fatta da Dominic Raab ministro degli esteri britannico negli studi di SKY News a Londra.

Sul momento, oltre allo stupore per una simile dichiarazione, che di fatto smontava l’affidabilità dei test diagnostici del Covid 19, non riuscivo a capire per quale motivo i due principali esponenti del governo britannico avessero dichiarato pubblicamente che il sistema diagnostico del Covid 19 era inaffidabile, né perché i media di tutto il mondo non avessero dato alcun tipo di seguito a tali eclatanti dichiarazioni.

Il mio stato di incomprensione è durato fino a venerdì 4 dicembre, quando la rivista medico scientifica Eurosurveillance ha pubblicato questa nota con la quale annunciava di avere iniziato un’indagine per revisionare la scientificità dello studio Corman-Drosten, pubblicato sempre da Eurosurveillance il 23 gennaio 2020, dal titolo “Detection of 2019 novel coronavirus (2019-nCoV) by real-time PCR di Christian Drosten e Victor Corman.

Perché questa pubblicazione è così importante?

Christian Drosten e Victor Corman sono i due medici autori del test diagnostico del Covid 19 che è utilizzato nella maggior parte dei laboratori di analisi pubblici e privati in Europa e in USA.

Il test Corman-Drosten è lo studio teorico su cui si basa la metodologia diagnostica ufficiale del Covid 19. Si tratta della diagnostica su cui si basano tutti i dati ufficiali diffusi dai governi e dai media di tutto il mondo sulla diffusione del Covid 19 e di conseguenza è anche la base scientifico-giuridica dei lockdown e delle restrizioni alle nostre libertà fondamentali.

Questa è una storia straordinaria e per capirla bisogna cominciare dall’inizio:

Eurosurveillance è una rivista medico-scientifica che si occupa di epidemiologia, prevenzione e controllo di malattie trasmissibili. La pubblicazione è a cura dell’ European Centre for Disease Prevention and Control che è un agenzia indipendente dell’Unione Europea, la cui missione è rinforzare le difese europee contro le malattie infettive.

Normalmente qualsiasi studio scientifico, al fine di essere pubblicato deve essere peer-reviewed cioè deve essere esaminato dai membri del comitato scientifico della rivista e questo processo di verifica di solito richiede diversi mesi di lavoro, soprattutto se si tratta di metodologia diagnostica, perché i procedimenti devono poter essere replicati e validati in laboratorio.

A maggior ragione se si tratta di uno studio sul quale si baserà il test per un virus che ha colpito la popolazione dell’intero pianeta.

Lo studio Corman-Drosten è stato inviato dagli autori a Eurosurveillance il 21 gennaio 2020 quindi è stato approvato per la pubblicazione il 22 gennaio e poi pubblicato il 23 gennaio 2020. In pratica dal suo invio alla sua pubblicazione sono passate 48 ore.

Non solo. Lo studio Corman-Drosten è stato immediatamente accettato come test standard internazionale dall’OMS, che ha iniziato a produrre e inviare il kit diagnostico alle regioni colpite dal virus.

Nei mesi seguenti, tra lockdown, collasso economico, chiusura di scuole e panico diffuso, pochi erano consapevoli delle lacune sostanziali presenti nello studio alla base della diagnostica del Covid-19 e la situazione di emergenza ha prevalso sull’accuratezza normalmente richiesta ad una metodologia diagnostica, specialmente per un evento epidemico di rilevanza globale.

In questa situazione di caos, la svolta è avvenuta il 30 novembre 2020 quando lo studio Corman-Drosten è stato messo in discussione dall’ ICSLS (International Consortium of Scientists in Life Sciences) un team di 22 scienziati provenienti da Europa, USA e Giappone che hanno inviato questa lettera ad Eurosurveillance chiedendo l’immediato ritiro della pubblicazione.

La lettera contiene un contro-esame dello studio che mette in evidenza 10 errori cruciali della metodologia diagnostica Corman-Drosten.

Il capo progetto dello studio che smonta il Corman-Drosten è Pieter Borger, un esperto di biologia molecolare, mentre tra i 22 autori c’è anche Michael Yeadon, ex Vice Presidente di Pfizer, che si è sempre detto contrario ai protocolli OMS: dal lockdown globale all’uso delle mascherine, fino alla chiusura delle scuole.  

In una intervista su youtube ora rimossa Michael Yeadon afferma che la totalità dei risultati prodotti dal test Corman-Drosten è falsa.

Celia Farber, è una giornalista americana, nota per le sue inchieste sull’HIV  ha parlato con il Dr. Kevin Corbett, uno dei 22 autori dello studio che smonta il Corman Drosten:

Quando Christian Drosten ha sviluppato il test, la Cina non gli aveva dato il virus isolato, lui e Corman hanno sviluppato il test da una sequenza genetica trovata in una banca dati. I cinesi hanno dato a Drosten una sequenza genetica ma senza un virus isolato corrispondente. In pratica avevano un codice ma nessun corpo da associare al codice. Nessuna morfologia virale“.

Che cosa significa Morfologia Virale?

E’ come se al mercato del pesce” ha risposto Corbett “ti danno dei frammenti di lisca e ti dicono questo è il tuo pesce”. Potrebbe essere qualunque pesce. Non hai nemmeno una lisca ma appena alcuni frammenti di lisca. Quello è il tuo pesce“. Corbett ha poi aggiunto Nel Corman-Drosten non c’è niente che provenga da un vero paziente. Viene tutto da una banca dati genetica e i frammenti della sequenza del virus che mancavano sono stati ricreati artificialmente. Li hanno ricreati sinteticamente per riempire le caselle vuote. Questa è la genetica: è un codice. Quindi mettiamo che tu hai “ABBBCCDDD” e ti mancano alcuni frammenti che tu pensi sia EEE quindi li inserisci nella sequenza utilizzando un software. E’ tutto sintetico. I frammenti mancanti vengono ricreati al computer. Questo è il risultato finale della geneticizzazione della virologia. In pratica è un virus informatico.”

Ma quali sono le implicazioni di questa incompletezza del primer riguardo l’affidabilità del test del Covid 19?

Le implicazioni sono intuibili anche da chi non è un esperto di virologia. In pratica essendo il virus iniziale incompleto, cioè composto solo da frammenti, il settaggio della macchina che effettua il test RT-PCR non potrà andare oltre la rilevazione di quei frammenti che costituiscono il primer. Cioè la macchina non può inventarsi una struttura biologica che non ha, il che significa che la macchina del PCR segnalerà come positivo anche un campione che invece di possedere l’intero filamento dell’RNA possegga soltanto un frammento dell’acido nucleico in questione.

La conclusione dell’ICSLS è che il test Corman-Drosten non è stato strutturato per rilevare il virus completo ma soltanto un frammento del virus, cioè quello che avevano a disposizione. Il che significa anche come vedremo più avanti in questo articolo, che la macchina non riesce a distinguere tra un frammento di RNA e il virus intero. Questo fatto classifica il test come inadeguato come test diagnostico per le infezioni dei virus SARS.

In un’intervista postata sul suo account Twitter il Dr. Pieter Borger ha detto: “il virus non era ancora in Europa e lo studio della diagnostica del Covid era già stato completato”, Borger ha poi aggiunto: “se vai da uno sfasciacarrozze e trovi una ruota o un cerchione di una Mercedes e un volante di una mercedes puoi affermare secondo te che ti trovi in un’officina Mercedes?

No, non puoi. Perché quelli che hai in mano sono soltanto alcuni pezzi di una Mercedes. Potresti trovare questi pezzi di ricambio ovunque, in qualunque sfasciacarrozze.” Borger descrive il test RT-PCR come: “un test che non ha nessuna rilevanza a livello diagnostico”.

Che cos’è il test RT-PCR?

Il test RT-PCR Reverse Transcriptions – Polymerase Chain Reaction (Reazione a catena della polimerasi con trascrittasi inversa) è una tecnica di biologia molecolare che consente la moltiplicazione (amplificazione) di frammenti di acidi nucleici. Gli acidi nucleici sono le macromolecole deputate alla conservazione e al trasporto dell’informazione genetica. In pratica gli acidi nucleici sono l’RNA e il DNA.

La polimerasi è il processo di amplificazione del DNA e utilizza il filamento di RNA del virus come “stampo” di partenza per rintracciare tutte le parti del virus mancanti, in modo da comporre l’intero codice genetico del virus.

Questa tecnica, per essere efficace ai fini della rilevazione del virus, richiede un frammento di DNA o di RNA come “primer” per poter iniziare la reazione di polimerizzazione. Nella duplicazione del DNA, il primer è un breve filamento singolo di RNA che funge da innesco per avviare la duplicazione. Infatti è conosciuto anche come “filamento di avvio della duplicazione” ed è complementare al filamento stampo del DNA.

Lo studio realizzato da Pieter Borger e dagli altri 21 scienziati che smantella il Corman-Drosten è strutturato in 10 punti cruciali o meglio “fatali”.

Il Primo errore: Drosten ha sviluppato la metodologia diagnostica senza avere il virus a disposizione.

Al primo punto che è anche quello principale, Borger e soci contestano a Corman e Drosten di non avere utilizzato il virus SARS-Cov-2 come primer per il loro test ma di avere usato solo dei frammenti e di avere completato la sequenza artificialmente o “in silico“. La definizione “in silico” significa che la riproduzione non è biologica ma informatica, perché il silicio è la sostanza di cui sono fatti i componenti elettronici dei computer.

La giustificazione addotta da Corman e Drosten riguardo il fatto di non avere a disposizione il virus isolato del SARS-CoV-2 è che il nuovo virus (il Covid 19) fosse secondo loro molto simile al SARS-CoV del 2003 (scoperto dallo stesso Drosten nel 2003). Quindi in pratica Drosten per l’elaborazione del Gold Standard (cioè del virus di riferimento per costruire il test diagnostico), pensava di poter andare “a rimorchio” di un altro coronavirus, simile al Covid 19, da lui scoperto nel 2003 e di completare il resto della sequenza al computer: “L’adozione e la validazione del sistema diagnostico per il covid 19 sono state strutturate in assenza di un virus isolato o di un campione originale del virus preso da un paziente. La struttura e la validazione del metodo diagnostico sono state possibili grazie alla relazione genetica simile al SARS-Cov del 2003 e aiutate dall’uso di acido nucleico sintetico.” Victor Corman co-autore del Corman-Drosten ha aggiunto: “Volevamo sviluppare e mettere in campo una metodologia diagnostica robusta da usare nell’ambito dei laboratori di sanità pubblica ma non avevamo il virus a nostra disposizione“.

Abstract del Corman Drosten

La front cover del Corman Drosten Nel testo gli autori dichiarano apertamente che al momento di sviluppare il test non avevano materiale biologico a disposizione e quindi hanno utilizzato il virus della SARS scoperto nel 2003 dallo stesso Christian Drosten. Link alla pagina

Secondo il Dr. Pieter Borger, promotore della richiesta di ritiro del Corman-Drosten: “Senza avere il virus disponibile, gli obiettivi dichiarati da Corman non sono raggiungibili perché la carica virale è un informazione cruciale per raggiungere questi obiettivi. “Lobiettivo dello studio Corman Drosten era quello di sviluppare uno strumento diagnostico in grado di rilevare la presenza del Coronavirus SARS-CoV-2. Ma come è possibile raggiungere tale obiettivo se non hai il Gold Standard? Cioè il virus?

Che cos’è il Gold Standard

In medicina, il Gold Standard è il parametro di riferimento necessario per effettuare un test diagnostico. L’attendibilità di un test diagnostico viene valutata da quanto accuratamente il test è in grado di identificare se un soggetto è sano oppure se è malato. Perciò il Gold Standard altro non è che la malattia stessa. Nel caso del Covid 19, il Gold Standard è il virus SARS-CoV-2.

A volte può capitare, come nel caso del Corman-Drosten, che il Gold Standard, cioè la malattia, in questo caso il virus del Covid 19, non sia disponibile. Perciò sono necessari dei metodi alternativi per reperirlo.

Perciò l’obiezione di Pieter Borger è più che comprensibile: Drosten voleva creare un test in grado di rilevare il Covid 19 ma come poteva Drosten realizzare un test diagnostico attendibile del Covid senza avere il virus ma soltanto la sua sequenza genomica?

Ve lo ripeto ancora una volta: Quando Drosten ha sviluppato il gold standard del test del covid non aveva la morfologia virale del virus perché i cinesi non gli hanno mai dato il virus isolato ma soltanto una parte della sequenza genomica e non era nemmeno biologica ma informatica, perché aveva solo lo schema della sequenza in formato digitale. Esaminando la struttura della sequenza Drosten si è reso conto che la struttura base della sequenza era quella di un normale coronavirus, che assomigliava molto a un ceppo SARS da lui stesso scoperto nel 2003. Quindi ha preso la sequenza genomica di questo ceppo SARS da lui stesso scoperto 18 anni prima e seguendo lo schema datogli dai cinesi ha aggiunto la parte mancante “in silico” cioè al computer. E questo lo sappiamo come potete verificare voi stessi perché è scritto sulla cover del Corman Drosten, consultabile a questo indirizzo web la cui cover è riportata nell’immagine sottostante:

Abstract del Corman Drosten

La front cover del Corman Drosten

 

Questo significa che non c’è nessun nuovo virus in circolazione ma solo una specie di Frankenstein bio-informatico che ha come base un ceppo SARS che circola da più di 18 anni. Perché è il gold standard del test del Covid 19 che determina chi è positivo al virus e che ci dice che cos’è questo virusE il virus sul quale si basa il test è un normale coronavirus in circolazione da quasi vent’anni.

Perciò quando un qualunque laboratorio analisi del pianeta, dopo avere esaminato un tampone mediante la PCR, stabilisce che questo campione è positivo, ciò significa che il soggetto esaminato è positivo al ceppo SARS del 2003, in quanto è quel ceppo che costituisce il gold standard del Covid 19. In pratica si tratta di una normale influenza alla quale è stato assegnato un nuovo nome (covid 19) integrata da un marketing senza precedenti nella storia di questa “civiltà”.   

Abbiamo capito quindi che Christian Drosten per sviluppare il test del covid 19 ha utilizzato come gold standard il virus 2003 SARS CoV. Questo virus scoperto da Drosten nel 2003 è quindi secondo quanto afferma Christian Drosten nel suo studio del 2003, noto come Drosten et al, il virus che causerebbe la SARS. Drosten afferma che “il virus è stato isolato mediante la tecnica della coltura cellulare e un filamento da 300 nucleotidi è stato ottenuto mediante amplificazione con RT-PCR”. Nella sezione Risultati (Results) del suddetto studio Drosten ci dice testualmente che: “questo nuovo virus a livello di caratterizzazione genetica è molto distante dai coronavirus già conosciuti” (l’identicità è tra il 50 e il 60 percento della sequenza di nucleotidi). Il che significa che il virus in questione non è classificabile come coronavirus al 100% ma solo al 50-60%.

Nella sezione Discussione, Drosten ci dice testualmente che: “Il virus è stato rilevato in una varietà di campioni clinici da pazienti con SARS ma non negli studi di controllo (perché questi non sono stati fatti). “Bisogna considerare che in passato i virus che sono stati inizialmente isolati in pazienti con una specifica patologia si è poi scoperto in indagini successive che non esisteva alcuna associazione” (tra il virus rilevato e la malattia). “Perciò, studi più approfonditi con gruppi di controllo appropriati sono necessari al fine di verificare o eliminare la nostra IPOTESI circa la causa della SARS”.

 

Se andiamo a leggere le conclusioni del suddetto studio, Drosten ammette candidamente che: “Il nuovo coronavirus potrebbe avere un ruolo nel causare la SARS.” Questo significa che il 2003 SARS CoV non solo non è un coronavirus e non è nemmeno il virus che causa la SARS ma “potrebbe avere un ruolo nel causare la sindrome in questione”.

In conclusione il virus utilizzato da Christian Drosten come gold standard per il test del Covid 19 è in realtà soltanto una ipotesi di virus.  E questo ce lo dice lo stesso Christian Drosten nella front cover del suo studio Identification of a Novel Coronavirus in Patients with Severe Acute Respiratory Syndrome pubblicato sul New England Journal of Medicine il 15 maggio 2003.

Più si approfondisce questa storia più si capisce che è una pantomima.

Secondo il microbiologo Olandese Pieter Borger, senza il virus reale ma soltanto con la sequenza genomica non era possibile per Drosten nemmeno procedere alla validazione del test diagnostico.

Che cos’è la Validazione?

Un test diagnostico si dice validato quando si ha la prova che il test fornisce un esito attendibile sullo stato del campione analizzato.

La validazione di un test diagnostico è quel processo di valutazione necessario e indispensabile per verificare la validità del test dal punto di vista clinico.  

Di solito la validazione viene fatta su delle cavie animali ed è un processo che è parte integrante della metodologia diagnostica, perché senza la fase di Validazione la metodologia diagnostica non ha alcun valore. Ovviamente non avendo il virus a disposizione, Corman e Drosten non hanno potuto procedere all’esecuzione della Validazione, perciò il test diagnostico Corman-Drosten non solo è incompleto ma totalmente irrilevante dal punto di vista scientifico, oltre che da quello clinico, perché la metodologia non è stata integrata dalla sperimentazione animale, che è la condicio sine qua non affinché un test diagnostico si possa definire tale.

Errore numero 3: i cicli di amplificazione

Secondo la richiesta di ritiro dello studio, l’errore cruciale numero 3 del Corman Drosten è che il numero dei cicli di amplificazione dovrebbe essere meno di 35 (25-30).

Che cosa sono i cicli di amplificazione?

Nella Reazione a catena della Polimerasi, il valore Ct è il numero di cicli di amplificazione necessari per individuare il virus (e dichiarare il soggetto positivo). In pratica Ct è il valore-soglia dei cicli necessari per l’individuazione del virus (In inglese: Cycle Threshold).

Maggiore è il numero di cicli di amplificazione e più approfondito e accurato è l’esame diagnostico. Ed è proprio questo uno dei principali errori del metodo diagnostico Corman-Drosten: il fatto di avere previsto un numero di cicli troppo elevato per la rilevazione del virus. Che cosa significa questo? Significa che se i cicli di amplificazione sono troppo numerosi potrebbero rilevare addirittura un’influenza che hai avuto anni prima e quindi il problema non è più quello dei falsi positivi ma dell’inattendibilità totale del test in questione.

In caso di rilevazione del virus, se la soglia di amplificazione dei cicli è maggiore di 35, i segnali rilevati non sono associabili a un virus infettivo, come è stato determinato dagli studi sulla cultura cellulare del virus. Se qualcuno viene testato con la PCR come positivo con una soglia di 35 cicli o maggiore, (come nella maggior parte dei laboratori in Europa e USA) la probabilità che questa persona sia infetta è inferiore al 3% perciò la probabilità che suddetto risultato sia un falso positivo è del 97%.  

Questa obiezione sollevata da Borger e soci si basa su uno degli studi più famosi sul SARS-CoV-2, si tratta dello studio conosciuto come Jafaar et al.

Correlation Between 3790 Quantitative Polymerase Chain Reaction–Positives Samples and Positive Cell Cultures, Including 1941 Severe Acute Respiratory Syndrome Coronavirus 2 Isolates.

Quindi le obiezioni che smontano il Corman Drosten non sono una prerogativa esclusiva dell’ ICSLS e di Pieter Borger. In realtà l’iniziativa di Borger è soltanto l’ultimo di una serie di studi, in maggioranza prodotti dall’Università di Oxford che avevano già smantellato completamente il Corman Drosten da un pezzo ma senza ricevere alcuna attenzione da parte dei media. Stiamo parlando dello studio di Rita Jafaar, noto come Jafaar et al che ha dimostrato che la metodologia diagnostica del Corman Drosten produce il 97% di falsi positivi. E lo studio Jafaar et al non è proprio nuovo perché è stato pubblicato su Clincal Infectious Disease il 28 settembre 2020. Ma le dichiarazioni di Boris Johnson e di Dominic Raab sono addirittura antecedenti il Jafaar et al perché la dichiarazione di Dominic Raab è del 23 Settembre e quella di Johnson è addirittura del 4 Settembre.

Se si va a leggere Jafaar et al si scopre infatti che Jafaar cita addirittura uno studio precedente, sempre pubblicato dalla rivista Clinical Infectious Disease, (rivista di patogenesi pubblicata da Oxford University Press) l’ormai leggendario Bullard et alil cui titolo è: Predicting Infectious Severe Acute Respiratory Syndrome Coronavirus 2 From Diagnostic Samples pubblicato il 22 maggio 2020.

Rita Jafaar cita Bullard et al nella parte in cui afferma che “pazienti risultati positivi con un esame PCR superiore ai 25 cicli di amplificazione non sono contagiosi” perché il virus non è stato rilevato nelle culture virali che superavano tale soglia.

Bullard et al ci dice testualmente già nella presentazione che il test RT-PCR può rilevare solo ed esclusivamente l’RNA e NON il virus INFETTIVO”, quindi la sua capacità di determinare la durata dell’infettività di un paziente è limitata.

Non solo. La frase che mette la parola fine all’affidabilità del test RT PCR è questa:

There was no growth in samples with a Ct > 24 or STT > 8 days

Non c’è crescita virale nei campioni con un Ct maggiore di 24 o quando il range di tempo tra l’inizio dei sintomi e il test è superiore a otto giorni.

Probabilmente il primo ministro inglese era stato informato di questa scoperta e per questo motivo il 4 settembre 2020 ha dichiarato pubblicamente che i test producevano oltre il 90% di falsi positivi. Johnson non si è svegliato la mattina del 4 settembre e ha deciso di smantellare la credibilità dei test covid 19. È stato costretto a farlo, perché il fatto di dichiararlo pubblicamente lo avrebbe legalmente esentato da eventuali problemi legali nel momento in cui sarebbe stato scoperto quello che grazie a Bullard et al e Borger et al sappiamo oggi e cioè che il Corman Drosten è un test clinicamente inaffidabile e come vedremo adesso un disastro totale.

In verità il colpo di grazia al Corman Drosten e al test RT-PCR non è stato dato né da Bullard et al né da Jafaar et al ma da un terzo studio, sempre pubblicato dall’Università di Oxford: Viral cultures for COVID-19 infectious potential assessment – asystematic review

Lo studio in questione, noto come Jefferson et al è stato pubblicato per la prima volta il 4 agosto 2020 sul sito del Nuffield Department of Primary Care, poi il 29 settembre sulla rivista medica open source medRxiv per poi essere pubblicato da Clinical Infectious Disease il 3 Dicembre 2020.

Nonostante lo studio si chiami Jefferson et al è importante notare che uno degli autori è Carl Heneghandirettore del Centre for Evidence-Based Medicine presso l’Università di Oxford e che guarda caso, il 5 settembre 2020, il giorno dopo che Boris Johnson rilasciava la sua dichiarazione sui falsi positivi, veniva citato e intervistato da Rachel Schraer, Health correspondant di BBC.

Il 5 settembre la BBC ha pubblicato questo articolo dal titolo “il test del covid 19 potrebbe rilevare frammenti di virus morti”(titolo originale: Coronavirus: Tests ‘could be picking up dead virus)

Nel suddetto articolo, la Schraer ha intervistato Carl Heneghan che aveva pubblicato l’articolo da più di un mese.

Ma perché l’articolo di Henegan è così importante?

Perché non si tratta di un semplice articolo, né di uno studio ma si tratta di uno studio che esamina altri studi scientifici, per essere precisi Jefferson et al ha esaminato 29 studi sul SARS-Cov-2. In pratica tutta la letteratura scientifica più rilevante sul Covid 19.

L’obiettivo di Jefferson et al era quello di esaminare tutte le prove finora conosciute nella letteratura medico-scientifica esistente, relative alla cultura del SARS-CoV-2 e metterle in relazione con i risultati del test RT-PCR e con altre variabili che potevano influenzare l’interpretazione del test, come ad esempio il tempo trascorso dall’inizio dei sintomi.

I punti principali di Jefferson et al che in pratica hanno smantellato il Corman-Drosten molto prima di Pieter Borger e dell’ICSLS sono questi:

1) Secondo Jefferson et al, due studi hanno dimostrato che per ogni ciclo di amplificazione in più la possibilità di rilevare il virus vivo diminuisce del 33%.

2) Sei studi hanno dimostrato che l‘RNA del virus può essere rilevabile nel test RT-PCR per più di 14 giorni sebbene il suo potenziale infettivo declini dopo appena 8 giorni, anche nei casi di alta carica virale. Secondo lo studio Young et al (citato sempre da Jefferson et al) il virus è rilevabile dal tampone nasofaringeo dal test PCR per oltre 48 giorni dall’inizio dei sintomi.

3) Più del 90% dei virus isolati sono stati ottenuti da campioni che avevano un valore di Ct inferiore a 23

4) Ai fini della trasmissione del virus non solo è necessaria la presenza di un virus vivo e non dei frammenti rilevati dal PCR ma è necessario poter verificare che tale virus oltre ad essere vivo sia in grado di riprodursi.

Il problema del test RT-PCR è che non è in grado di distinguere i frammenti di virus dal virus vero e non è nemmeno capace di quantificare il virus dalle secrezioni di un paziente, quindi è clinicamente inaffidabileQuesta obiezione che Borger at al muove al Corman-Drosten non solo è condivisa dal Dipartimento della sanità del governo Britannico ma è addirittura presente in una guida del ministero per gli operatori sanitari Understanding cycle threshold (Ct) in SARS-CoV-2 RT-PCR A guide for health protection teams pagina 6.

5) Il test RT-PCR da solo non è in grado di dirci se un soggetto positivo al test sia anche un soggetto in grado di trasmettere l’infezione e come confermato dagli altri due studi principali Bullard et al Jafaar et al i campioni amplificati con più di 30 cicli è impossibile che siano infettivi.

6) Nessun virus è stato possibile coltivare da campioni provenienti da sette aree di un ospedale di Londra i cui campioni sono stati amplificati con un Ct maggiore di 30.

7) In uno studio esaminato da Jefferson et al (Anderson et al) 20 campioni serologici positivi al virus provenienti da 12 pazienti diversi sono stati selezionati a caso da una banca dati di campioni di Covid-19 tra i 3 e i 20 giorni successivi all’inizio dei sintomi. Nessuno dei venti campioni prelevati è stato in grado di produrre una cultura virale.

8) La finestra della cultura virale è molto più breve di quella che riguarda l’identificazione dell’RNA del virus. Cosa significa? Significa che mentre l’RNA del virus puà essere rilevato in un campione anche dopo 40 giorni dall’inizio dei sintomi, il virus vivo e attivo, può essere rilevato in un campione non oltre gli 8 giorni dall’inizio dei sintomi.

9) Jefferson et al ha concluso che la durata media di vita dell’RNA virale in cultura è di massimo 4 giorni.

10) Cinque studi non hanno riportato alcuna crescita nei campioni con un Ct che va da maggiore di 24 fino a 35. La probabilità stimata di recupero del virus da un campione con un Ct maggiore di 35 è dell’8.3%

11) L’ultimo punto di questa lista vorrei dedicarlo ad uno studio meno conosciuto degli altri, Wolfel et al, Virological assessment of hospitalized patients with COVID-2019 il quale ci dice quanto segue: “Per comprendere l’infettività del virus abbiamo tentato l’isolamento da campioni clinici in molteplici occasioni. Mentre è stato possibile isolare il virus prontamente durante la prima settimana di sintomi, nessun isolato è stato ottenuto da campioni prelevati dopo l’ottavo giorno dall’inizio dei sintomi, nonostante la presenza di carica virale. Ho citato questo studio che non si distingue dagli altri per particolari virtù ma conferma quelli precedenti (principalmente Bullard et alper un solo motivo: uno dei co-autori è Victor Corman, co-autore del Corman Drosten. Perciò con questo arriviamo al paradosso scientifico in cui un autore in uno studio a sostegno di una metodologia diagnostica afferma che un virus ha un alto tasso di infettività salvo affermare il contrario in un altro. Bisogna però notare che Wolfel et al è stato pubblicato sulla rivista Nature in data 1 aprile 2020 e non è da escludere il fatto che Victor Corman sia uno dei coautori possa trattarsi di un pesce d’aprile.

Al punto 3 della richiesta di ritiro del Corman Drosten, si afferma quanto segue:

“Ocorre sottolineare che nel Corman-Drosten non vi è alcuna menzione di quando un test è positivo o negativo né viene detto cosa definisce un test come positivo o negativo. Questi test diagnostici virologici devono sempre essere basati su una Procedura Operativa Standard (SOP) che comprenda un numero fisso di cicli PCR di amplificazione (soglia dei cicli o CT value) superata la quale un campione è considerato positivo o negativo.

Il numero massimo di cicli di amplificazione è 30. Oltre la soglia dei 35 cicli, avremo un numero esponenzialmente crescente di falsi positivi. Secondo Jaafar et al sopra i 35 cicli non è possibile isolare il Covid 19 e oltre i 35 cicli vengono rilevati solo virus non infettivi. Ricordiamo qui per dovere di cronaca che sia il Corman Drosten che l’OMS raccomandano per la rilevazione PCR una soglia di 45 cicli. In realtà la situazione è anche meno grave di quanto affermato da Pieter Borgen perché il team di Bullard et al aveva a disposizione 90 campioni positivi al RT-PCR SARS-CoV-2 e i test di cultura virale sui suddetti campioni hanno dimostrato che non è avvenuta alcuna crescita virale nei campioni che avevano una soglia di cicli superiore a 24 o in cui il paziente aveva iniziato ad avere i sintomi da più di otto giorni.

La conclusione di Bullard et al è che la probabilità di ottenere una cultura virale positiva raggiunge il suo picco massimo nel terzo giorno e da quel momento in poi decresce.

Non solo. Bullard et al ha anche dimostrato che l’aumento di una singola unità di amplificazione dei cicli diminuisce la possibilità di una cultura positiva del 32%. Quindi in pratica passando da 25 a 26 cicli la possibilità di riscontrare la positività al covid 19 diminuisce del 32%.

The Centre for Evidence-Based Medicine (CEBM) presso l’Università di Oxford nella pagina dedicata al monitoraggio del COVID 19 (Oxford COVID-19 Evidence Service) fa questa raccomandazione: La rilevazione attraverso PCR del virus ci da la possibilità di rilevare l’RNA in quantità minime ma se questo RNA rappresenta un virus infettivo, questo non è detto. Il che significa che il test della polimerasi può anche rilevare una traccia di RNA del virus e quindi identificare il campione come positivo ma questo virus è attivo? E’ infettivo? E’ virulento? Abbiamo visto che il test RTPCR da solo non può rispondere a questa domanda ma i provvedimenti messi in atto dai governi che limitano la nostra libertà si basano esclusivamente su questo sistema cieco.

Il Dr. Corbett ha aggiunto: “Ci sono 10 errori cruciali nello studio Drosten sui test ma il problema principale è che nessun virus è stato isolato per sviluppare lo studio Drosten. I prodotti amplificati dal PCR non corrispondevano a nessun virus isolato all’epoca. Io la definisco “scienza del buco della zeppola”. Non c’è niente al centro dello studio. Tutto lo studio si basa sul codice genetico creato al computer e tutto questo non ha niente a che fare con la realtà o con persone reali nel caso specifico con un paziente vero”. Insomma questo test con il quale stanno determinando chi è positivo e chi no e sul quale hanno adottato misure restrittive della libertà di milioni di persone si basa sul nulla assoluto.

Celia Farber, giornalista di Uncover DC ha replicato al Dr. Corbett leggendogli alcune dichiarazioni che il virus del covid sarebbe stato isolato in diversi laboratori del mondo.

“Si sono stati pubblicati degli studi che affermano che hanno isolato il virus. Ma non è possibile fare controlli né verificare il fatto che l’abbiano veramente isolato. Il CDC ha prodotto uno studio lo scorso luglio, nel quale affermano: “ecco il virus isolato“. Sai cos’hanno fatto? Hanno tamponato UNA PERSONA. UNA. Questo tipo era stato in Cina e aveva dei sintomi. Un paziente. E hanno presunto che avesse il corona. Quindi tutta questa roba fa acqua da tutte le parti.

Quanto affermato dal Dr. Corbett riguardo il fatto che il Covid non era stato ancora isolato al momento della pubblicazione del Corman-Drosten è stato confermato ufficialmente sia dal CDC (Centers for Disease Control and Prevention) l’agenzia USA deputata al monitoraggio del Covid 19, sia dall’EDC (European Centre for Disease Prevention and Control) che è il corrispondente europeo dell’americano CDC.

Questo documento di cui vedete un’estratto, il cui titolo è CDC 2019-Novel Coronavirus (2019-nCoV) Real-Time RT-PCR Diagnostic Panel è pubblicato sul sito del CDC ed è datato 13 luglio 2020. Il testo evidenziato dice testualmente: Since no quantified virus isolates of the 2019-nCoV are currently available…”

In quest’altro documento: Current performance of COVID-19 test methods and devices and proposed performance criteria l’EDC che è l’agenzia europea la cui mission è rafforzare le difese Europee contro le malattie infettive, l’EDC dichiara che alla data del 16 aprile 2020 “Since no virus isolates with a quantified amount of the SARS-CoV-2 are currently available…”  

 

La traduzione della prima dichiarazione, quella del CDC è la seguente: “Dato che non è disponibile nessun isolato quantificato del virus 2019-nCoV…” e la data del documento è 13 luglio 2020.

La traduzione del documento dell’ EDC è: “Poiché non è disponibile nessun isolato del virus con una quantità data del SARS-Cov2…” e la data del documento è 16 aprile 2020

In pratica da queste due dichiarazioni delle due principali istituzioni sanitarie deputate allo studio e al monitoraggio del Covid 19, rispettivamente per il Governo USA e per la Commissione Europea, si evince chiaramente che né in Europa né negli USA il virus del Covid 19 è mai stato isolato. “Isolato” significa separato dal materiale inutile contenuto nel campione analizzato, come le cellule del paziente o eventuali batteri. Ma in entrambe queste dichiarazioni l’elemento più importante non è l’attestazione che il virus non sia ancora stato isolato ma è l’aggettivo che lo segue, cioè “quantificato”. Non è necessario avere una laurea in biologia per comprendere che se un virus non è stato quantificato, significa che non si conosce nemmeno la percentuale che quantifica il virus rispetto al resto del materiale analizzato. Se né i laboratori europei né quelli americani sono in grado di sapere in che percentuale il virus è presente nei campioni analizzati, significa che gli esaminatori del CDC e dell’EDC non sono stati in grado di distinguerlo dal resto del materiale analizzato e quindi di identificarlo.

L’elemento cruciale di questi due documenti per ciò che ci riguarda, ovvero l’inaffidabilità della metodologia diagnostica proposta da Corman Drosten, è la conferma del fatto che alla data del 16 aprile 2020 l’EDC non aveva ancora ufficialmente isolato il virus del Covid 19 mentre Eurosurveillance aveva approvato il Corman et al già da due mesi e l’OMS aveva già spedito i kit per il test nelle regioni colpite dal virus.

Per finire il Dr. Corbett insiste sul fatto che Eurosurveillance ha approvato lo studio di Drosten 24 ore dopo averglielo inviato. “Questo non accade mai. Ci vogliono mesi per esaminare uno studio e loro l’hanno fatto in 24 ore. È stato fatto passare senza essere esaminato. Perciò il test del Covid utilizzato in tutti i laboratori USA e UE non è stato sottoposto alle procedure operative standard. Quindi dovrebbe essere ritirato immediatamente. Se lo ritirano significa che l’intera macchina del test covid si distruggerà in mille pezzi e l’intero castello Covid 19 imploderà su se stesso. E’ un castello di carte costruito sulla sabbia e noi abbiamo appena smosso la sabbia sul quale poggia.

La richiesta di ritiro del Corman-Drosten si concentra poi sul fatto che la metodologia Corman-Drosten fa troppo affidamento sull’RT-PCR.

I medici dovrebbero riconoscere l’accuratezza delle tecnologie di diagnostica molecolare come la RT-PCR così come dovrebbero capirne i limiti. I risultati di laboratorio dovrebbero sempre essere interpretati in un contesto di presentazione clinica del paziente tenendo in considerazione la qualità e la tempistica della raccolta dei campioni” (Kurkela, Satu, and David WG Brown. Molecular-diagnostic techniques Medicine 38.10 (2009): 535-540.)

Nel luglio del 1994 la giornalista Newyorkese Celia Farber intervistava Kary Mullis nella rivista SPIN (pag. 63) Kary Mullis è stato l’INVENTORE della tecnica della reazione a catena della polimerasi per la quale nel 1993 ha ricevuto il premio Nobel per la Chimica.

Mullis ha ripetuto più e più volte che la PCR non è stata concepita per la diagnostica dei virus, tanto è vero che nell’intervista a Celia Farber ha dichiarato:“la PCR può rivelare l’HIV in persone che hanno avuto esito negativo al test HIV sugli anticorpi”

La stessa ECDC, (European Centre for Disease Prevention and Control) l’agenzia dell’Unione Europea per il controllo e la prevenzione delle malattie, ci fa due raccomandazioni:

  1. Che un alto valore di CT (soglia dei cicli di amplificazione dell’RNA) superiore a 35 potrebbe essere dovuto alla contaminazione da parte di reagenti e come raccomandazione generale al punto numero 7, l’ECDC dichiara espressamente che i campioni positivi al SARS Cov-2 devono SEMPRE AVERE un’altissima carica virale, il che esclude tutti i cosiddetti “asintomatici” dalla categoria di soggetti che possono trasmettere l’infezione.

  2. Nonostante i risultati positivi possono essere indicativi riguardo la presenza dell’RNA del Covid nel paziente, una correlazione clinica con la storia del paziente ed altre informazioni diagnostiche sono indispensabili per determinare lo stato infettivo del soggetto.

  3. Il fatto che il Corman-Drosten sia inaffidabile, è chiaramente espresso nella guida del governo inglese Understanding cycle threshold (Ct) in SARS-CoV-2 RT-PCR A guide for health protection teams pubblicato nll’ottobre 2020 a pagina 6 dice chiaramente:; Il test RT-PCR rileva la presenza di materiale genetico virale in un campione ma non è in grado di distinguere se il virus infettivo è presente oppure no. La quantità di virus intatto nei tamponi eseguiti nella parte superiore dell’apparato respiratorio sono influenzati da fattori endogeni ed esogeni ai metodi di laboratorio.

Secondo l’ICSLS nella letteratura dei test RT-PCR è risaputo che ci sono molti rischi come i falsi positivi funzionali, che possono condurre alla misinterpretazione dei risultati del test. Per questa ragione è raccomandato ad esempio da Kurkela et al1 che il PCR sia usato sempre in tandem con una diagnosi clinica dell’infezione basata sui sintomi. Ci sono evenienze documentate di misinterpretazione che hanno creato pandemie fantasma come quella del 2004-2006 in cui una malattia respiratoria è stata per errore scambiata per un’epidemia di pertosse grazie al test PCR.

Per riassumere, i buchi fatali del test PCR Corman Drosten sono questi:

  1. Non è un test specifico, dovuto ad un’erronea strutturazione del primer

  2. produce risultati variabili per non dire arbitrari

  3. Non riesce a distinguere tra il virus integro e i frammenti di questo

  4. Non riesce a distinguere il positivo dal negativo

  5. Non ha una procedura operativa standard

  6. Non è stato peer-reviewed

Dopo la lettera di ritiro inviata da Pieter Borger e dagli altri 21 scienziati, Eurosurveillance ha pubblicato questa nota:

Abbiamo recentemente ricevuto della corrispondenza riguardante uno studio pubblicato quest’anno che mette in discussione il contenuto e le procedure editoriali usate per valutare l’articolo precedenti la pubblicazione. Possiamo assicurare i nostri lettori e i nostri autori che prendiamo seriamente i commenti relativi ai contenuti scientifici, l’esame degli articoli e la trasparenza editoriale.Tutti gli articoli pubblicati dalla rivista sono peer-reviewed da almeno due esperti indipendenti del settore (o da almeno uno in caso di comunicazioni veloci). L’articolo in questione è stato anche peer-reviewed da due esperti sulle cui raccomandazioni è stata basata la decisione di pubblicarlo. Eurosurveillance sta cercando consigli di esperti al fine di discutere la suddetta corrispondenza nel dettaglio. Valuteremo secondo le nostre procedure esistenti, le richieste e prenderemo una decisione non appena avremo indagato a fondo. Nel frattempo sarebbe inappropriato per tutte le parti coinvolte di commentare o discutere ulteriormente l’argomento finché non avremo esaminato tutte le questioni.

Secondo Peter Andrews “tutti i test PCR basati sul Corman-Drosten dovrebbero essere fermati con effetto immediato e tutti quelli che vengono definiti dai media come “casi” la cui diagnosi è stata fatta seguendo il Corman Drosten, non dovrebbero effettuare alcuna quarantena. Inoltre tutti i decessi Covid presenti e passati e i tassi di infettività dovrebbero essere soggetti ad un inchiesta retroattiva mentre tutti i lockdowns, le chiusure e le altre restrizioni dovrebbero essere urgentemente riviste ed allentate.

Esistono 78 tipologie di tamponi, alcune delle quali importate dalla Cina; nessuna di queste è mai stata controllata o ispezionata né convalidata ed è la Commissione europea ad affermarlo nel Working Document del 16 aprile scorso. (Titolo del documento: Current performance of COVID-19 test methods and devicesand proposed performance criteria) il Centre for Evidence-Based Medicine (CEBM) presso presso l’Università di Oxford è un centro di divulgazione di evidenze scientifiche il cui direttore ricordiamo è Carl Henegan co-autore di Jefferson et al, lo studio più importante finora realizzato sul Covid 19.

Da quando è iniziata l’emergenza del Covid 19 il centro aggiorna continuamente questa pagina del loro sito che si chiama Covid 19 Evidence Service.

Il CEBM ha sempre pubblicato aggiornamenti che erano estratti dagli studi che abbiamo finora menzionato: Jefferson et al, Bullard et al, Jafaar et al, Young et al etc. Il che significa che la scienza ufficiale britannica ha sempre conosciuto la vera portata di questa epidemia ed ha sempre pubblicato i risultati degli studi e bisogna riconoscere che questo merito va attribuito all’Università di Oxford, senza la quale oggi non sapremmo niente di questo virus ma affogheremmo totalmente nel panico creato dai nostri governi. Purtroppo per i nostri governanti l’Università di Oxford esiste e lavora e a breve, nel momento in cui le pubblicazioni menzionate in quest’articolo riusciranno ad entrare nel circuito dei media mainstream i governi dovranno iniziare a tenerne conto.

Questo avviso che vedete sopra e che trovate qui è pubblicato sul sito www.uk.gov e dice testualmente:

Dal giorno 19 marzo 2020 nel Regno Unito, il COVID-19 non è più considerata una malattia infettiva con gravi conseguenze.

Nel gennaio 2020 Il sistema sanitario HCID (High Consequences Infectious Diseases) delle 4 nazioni (Inghilterra, Galles, Scozia e Irlanda del nord) aveva rivolto una raccomandazione ad interim per classificare il COVID-19 come una malattia infettiva con gravi conseguenze. Questa classificazione è stata basata considerando i criteri del protocollo HCID riguardo il virus e sulle informazioni disponibili durante i primi stadi dell’epidemia. Adesso che si conosce di più riguardo il COVID 19, le istituzioni sanitarie nel Regno Unito hanno esaminato le conoscenze aggiornate sul COVID 19 che contraddicevano i criteri HCID.

Le istituzioni sanitarie britanniche hanno stabilito che molte caratteristiche sono adesso mutate; in particolare sono disponibili più informazioni riguardo il tasso di mortalità (che è generalmente basso) che adesso c’è una maggiore consapevolezza clinica e un test di laboratorio specifico e sensibile, la disponibilità del quale continua ad aumentare.

La Commissione di controllo sui patogeni pericolosi (ACDP) è quindi dell’opinione che il COVID 19 non debba più essere classificata come una malattia infettiva con gravi conseguenze.

Riguardo questa dichiarazione del governo inglese che trovate qui, la pagina in questione non è raggiungibile direttamente dalla pagina del sito www.uk.gov dedicata al Covid.

Perlomeno il sottoscritto non è riuscito a trovare alcun link diretto dalla pagina principale di monitoraggio del Covid. Se il governo inglese volesse indicarci da quale link della pagina principale si raggiunge questa pagina, lo apprezzeremmo molto. Tuttavia la pagina esiste e questa è la dichiarazione ufficiale del governo Britannico riguardo il COVID 19: e cioè che non si tratta di una malattia che ha gravi conseguenze.

Come potete leggere voi stessi, la classificazione del Covid 19 come malattia non grave da parte del governo inglese risale al marzo del 2020 ed è la posizione raccomandata al governo britannico da parte dell’Advisory Committee on Dangerous Pathogens, la commissione di controllo sui patogeni pericolosi. Tale posizione è documentata ufficialmente da una lettera inviata dal presidente della commissione il Prof. Tom Evans al Ministero della Sanità Britannico. Come potete constatare voi stessi dalla lettera, la Commissione si è espressa all’unanimità su questa classificazione del Covid 19:

Tutto questo ci aiuta a capire il motivo delle dichiarazioni del primo ministro britannico Boris Johnson e del ministro degli esteri Dominic Raab. In pratica Johnson e Raab hanno sentito la necessità di tutelarsi dal punto di vista legale, perché con le loro dichiarazioni possono affermare di avere informato il pubblico inglese riguardo l’inaffidabilità della diagnostica Covid.

Il problema è che nonostante il parere della Commissione sui patogeni pericolosi che è un ente governativo e nonostante le conoscenze scientifiche divulgate dall’Università di Oxford, il governo inglese e gli altri governi continuano ad implementare misure restrittive che sono in totale contraddizione con quanto dichiarato dalle maggiori istituzioni scientifiche del pianeta.

C’è da dire che anche nel sito del CDC, l’agenzia governativa USA per il controllo delle malattie vengono citati sia Bullard et al sia Young et al e in generale viene riconosciuta la non infettività del Covid 19 superati i dieci giorni dall’inizio dei sintomi ma nonostante questo le istituzioni governative implementano misure restrittive della libertà di movimento, obbligano le persone a indossare le mascherine come se vivessero in un’altra realtà.

La domanda è fino a quando i governi potranno ignorare le istituzioni medico scientifiche?

Il 13 gennaio 2021 l’Organizzazione Mondiale della sanità ha emesso questo comunicato destinato agli operatori dei laboratori analisi che utilizzano la diagnostica Corman-Drosten. Nella nota si legge che l’OMS richiede agli utilizzatori che vogliono interpretare i risultati dei campioni eseguiti con la PCR di seguire le istruzioni per l’uso allegate alle apparecchiature dignostiche per gli esami in vitro (reagenti, materiale di controllo, contenitori dei campioni, software etc.) 

 “Users of RT-PCR reagents should read the IFU [Information for Use] carefully to determine if manual adjustment of the PCR positivity threshold is necessary to account for any background noise which may lead to a specimen with a high cycle threshold (Ct) value result being interpreted as a positive result.”

In pratica l’OMS in questo paragrafo dichiara che l’utilizzo di troppi cicli, cioè di una soglia di cicli alta può produrre come risultato dei falsi positivi. 

“In some cases, the IFU will state that the cut-off should be manually adjusted to ensure that specimens with high Ct values are not incorrectly assigned SARS-CoV-2 detected due to background noise.”

Svolgere il test con un alto numero di cicli produce “rumore di fondo” cioè risultati di falsi positivi. In pratica il paziente viene informato che è positivo ma non lo è.
 
“The design principle of RT-PCR means that for patients with high levels of circulating virus (viral load), relatively few cycles will be needed to detect virus and so the Ct value will be low. Conversely, when specimens return a high Ct value, it means that many cycles were required to detect virus. In some circumstances, the distinction between background noise and actual presence of the target virus is difficult to ascertain.”
Quando il test è effettuato utilizzando un alto numero di cicli non è possibile stabilire la differenza tra “irilevante” e “significativo”.
 

LE CONSEGUENZE POLITICHE DELL’INIZIATIVA DI Borger et al

A livello europeo il primo provvedimento amministrativo emesso da un tribunale che tiene conto degli studi menzionati in questo articolo è una decisione della Corte d’Appello di Lisbona che ha messo fine ad un provvedimento di quarantena adottato dal dipartimento sanitario regionale delle Azzorre nei confronti di quattro cittadini tedeschi. Secondo la Corte “il test RT PCR è inadatto a stabilire oltre ogni ragionevole dubbio che un risultato positivo corrisponda nei fatti all’infezione da Covid-19.” Gli studi citati dalla corte a sostegno di questa decisione sono Jafaar et al e uno studio pubblicato sul Lancet False-positive COVID-19 results: hidden problems and costs

Il secondo caso è del Tribunale Amministrativo di Vienna che il 24 marzo 2021 con  la sentenza VGW-103/048/3227 / 2021-2 ha sancito l’inaffidabilità del test RT-PCR come metodologia diagnostica idonea alla rilevazione del virus SARS-CoV-2, impedendo così al governo austriaco di adottare misure restrittive. Questa decisione è stata presa sulla base oltre che dello studio Bullard et al sopracitato anche sulla base della circolare OMS  del 21 gennaio 2021: WHO Information Notice for IVD Users 2020/05 – Nucleic acid testing (NAT) technologies that use polymerase chain reaction (PCR) for detection of SARS-CoV-2

Ad ogni modo, il Corman-Drosten su cui si basa la diagnostica del covid e tutti i dati prodotti e diffusi dai governi e dai media di tutto il mondo, è praticamente imploso su se stesso e in ambito scientifico ha ormai perduto qualunque credibilità. Adesso la palla è in mano a coloro che devono far arrivare questa informazione al pubblico, cioè editori e giornalisti.

L’obiettivo di questo articolo era quello di spiegare per sommi capi e quanto più nel dettaglio possibile in una pubblicazione non scientifica la fallacità della metodologia diagnostica Corman Drosten.

Tuttavia non è possibile non notare una discrepanza abissale tra la consapevolezza scientifica riguardo la non esistenza di un nuovo virus e di conseguenza lo scarso potenziale infettivo del Covid 19, in quanto trattasi di un coronavirus in circolazione da quasi vent’anni e le misure restrittive messe in atto dai governi. Non si può non concludere che le misure restrittive messe in atto per la diffusione del covid 19 non hanno alcuna base medico-scientifica e quindi dovrebbero cessare immediatamente oppure i governi che le implementano hanno il dovere di inventarsi un altro motivo plausibile e comunicarcelo.

Gianluca D’Agostino

Gianluca D’Agostino ha lavorato per CNN a Washington DC e per Associated Press a Roma e Tirana. Ha intervistato Larry King e chiesto al presidente di Microsoft Bill Gates del suo problema con l’Antitrust USA. D’Agostino ha un dottorato di ricerca in Teoria dell’Informazione e della Comunicazione presso l’Università di Macerata, è stato Visiting Scholar presso il Media and Communication Department della Fordham University presso il Film Studies Program dell’University of California Berkeley e Ricercatore presso il Center for the Study of the Novel, Dipartimento di Inglese dell’Università di Stanford. I suoi libri sono presenti nelle biblioteche delle università di Bologna, Venezia, Roma, Francoforte, NYU, Princeton, Yale.

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 https://catalog.princeton.edu/catalog/5715237

 

 

 



 

 

 

 

1Kurkela, Satu, and David WG Brown. “Molecular-diagnostic techniques.” Medicine 38.10. (2009): 535-540.

19 Agosto 2023

Wikileaks è l’ufficio Pubbliche Relazioni del Pentagono?

 

 

 

L’articolo che state per leggere di seguito è stato pubblicato per la prima volta in lingua inglese il 22 novembre 2010 su American Chronicle, che dopo poco è stato chiuso, poi è stato pubblicato su Examiner.com ma anche Examiner.com è stato chiuso. Poi è stato pubblicato sul blog di Yahoo News ma anche questo blog è stato chiuso. Allora l’ho pubblicato sul mio blog personale XNews su blogspot.com ma dopo un po’ il post è stato misteriosamente rimosso.  Il 22 maggio 2023 ho tradotto questo articolo in italiano e ho scoperto oggi che il testo di questa premessa era stato spostato dall’inizio all’interno dell’articolo. Ciliegina sulla torta: quando il riferimento a questo articolo è stato inserito sul mio profilo di Wikipedia, il mio profilo Wikipedia è stato cancellato.

 

Il 27 settembre 2010, sei ufficiali in pensione dell’USAF (United States Air Force), incluso l’ex comandante della base Capitano Robert Salas, hanno tenuto una conferenza stampa presso il National Press Club di Washington DC, durante la quale hanno dichiarato di avere avuto degli incontri con UFO che hanno completamente compromesso in più di una occasione i sistemi di difesa nucleare degli Stati Uniti. La conferenza era stata organizzata da Robert Hastings, un ricercatore americano che si occupa di fenomeni UFO

Stranamente, dopo dichiarazioni così eclatanti, le reazioni sia dai media mainstream che dal governo USA sono state inesistenti.

Al contrario, la settimana successiva, dopo che una organizzazione fino a quel momento pressoché sconosciuta di nome Wikileaks pubblicava sul proprio sito, dei cablo ottenuti dal Dipartimento della Difesa USA sull’andamento della guerra in Iraq e in Afghanistan, la reazione dei media mainstream è stata enorme sia per volume che per il livello di indignazione.

Questi cablo pubblicati da Wikileaks riguardavano diversi contenuti: dalla violazione di diritti umani da parte delle forze della coalizione, (un osso da dare al pubblico per confermare il titolo di fonte credibile a Wikileaks) al fatto che l’esercito USA finalmente aveva trovato le armi di distruzione di massa in Iraq. Stranamente nemmeno il governo americano ha mai ammesso di avere trovato queste armi di distruzione ma secondo Wikileaks sono state trovate.

Un altro famoso cablo pubblicato da Wikileaks riguardava l’agente dei servizi segreti italiani Nicola Calipari, che secondo questi cablo era stato ucciso dai soldati americani di guardia al checkpoint dell’aeroporto di Bagdad perché l’automobile che stava guidando aveva i fari spenti. Questo cablo pubblicato da Wikileaks confermava perciò la versione ufficiale del Pentagono su questo “incidente” diplomatico.

Un altro cablo pubblicato da Wikileaks riguardava la notizia secondo cui il governo dell’Iran stava fornendo le cinture esplosive che i militanti di Al Qaeda utilizzavano per farsi esplodere.

Un altra grande rivelazione di Wikileaks è stata che le guardie rivoluzionarie Iraniane Al Quds, avrebbero addestrato le milizie sciite irachene in territorio Iraniano. Da notare che dopo la pubblicazione di questi due cablo pubblicati da Wikileaks il governo degli Stati Uniti ha imposto ulteriori sanzioni al governo iraniano.

Il cablo più interessante di quelli rilasciati da Wikileaks è stato sicuramente quello che affermava che l’agenzia di intelligence del Pakistan stava collaborando con i Talebani.

Questi cablo pubblicati da Wikileaks sembravano i tipici aggiornamenti di intelligence sul campo, che vengono prodotti quotidianamente nell’ordine delle migliaia.

Si tratta di report che nessuno vorrebbe mai leggere e nessun network televisivo menzionerebbe mai nei propri notiziari nemmeno se qualcuno pagasse per farlo. E invece questi “leaks” sono stati capaci di creare una reazione indignata da tutti i media, saturando i titoli principali di notiziari tv, siti web di informazione, radio e giornali.

E’ come se Wikileaks fosse un riciclatore gigante di questi rapporti di intelligence quotidiani che altrimenti non avrebbe mai raggiunto un pubblico perché sono talmente noiosi che nemmeno quando si è in bagno si definirebbero interessanti.

Prima di tutto questi rapporti sono totalmente frammentati, non ci sono nomi, luoghi o dati sul personale militare. Questo significa che le informazioni trasmesse non possono essere considerate “sensibili”, nemmeno in termini di difesa tattica e certamente nemmeno di aiuto strategico per il nemico. E’ come se una manina avesse cancellato le informazioni sensibili prima di passarle nelle mani di quel deficiente.

Il portavoce del Dipartimento di Stato P.J Crowley ha detto: “alcuni di quei documenti riguardavano un conflitto che era sottofinanziato e questo ha costituito un elemento fondamentale nella revisione della strategia supervisionata dal presidente”.

“la maggior parte sono notizie vecchie” ha detto il Senatore John McCain (audio minuto 2:59)

“Il quadro che emerge da questi cablo aggiunge poco a ciò che già sapevamo — che la guerra in Afghanistan negli ultimi anni si è deteriorata e che non stiamo vincendo.”

In generale questi documenti del Pentagono pubblicati da Wikileaks sembrano favorire soltanto il Pentagono perché la maggior parte dei cablo sono perfettamente coincidenti con la visione della situazione del conflitto espressa dal Dipartimento della difesa USA.

In realtà la maggior parte di questi cablo sembra mirino a resuscitare alcune lamentele morte e sepolte contro i nemici ma anche contro gli alleati del Pentagono, come l’Iran, l’Italia, la Francia, come la storia di Nicola Calipari per esempio che attribuisce la responsabilità della sua morte a Calipari stesso. Dopo tutte queste rivelazioni uno dovrebbe fermarsi un attimo a pensare e chiedersi “ma per chi lavora questo Wikileaks?”.

Inoltre, tutti i documenti non relativi alla guerra in Iraq sono stati rimossi da Wikileaks.org e la cosa veramente più strana è che nonostante il nome del sito wiki-leaks (soffiate wiki), cioè mediante collaborazione di tutti, come il sito Wikipedia per intenderci, il sito non accetta alcuna proposta da parte di alcun leaker. E invece di continuare con l’approccio Wiki che permette all’intera comunità globale di partecipare, Wikileaks ha dato l’esclusiva a una manciata di organi di informazione mainstream e non permette più al pubblico di commentare i documenti pubblicati. Che strano!

Alla fine della fiera questi documenti di Wikileaks rivelano molto poco se non nulla – nessuna informazione incriminante la Presidenza o che danneggi la percezione del pubblico riguardo l’integrità del governo USA, anzi al contrario.

Inoltre i documenti non forniscono nessuna nuova notizia ma confermano le affermazioni che sono già di dominio pubblico: che la guerra in Afghanistan sta andando male, che è sottofinanziata, che le forze della coalizione hanno utilizzato le forze speciali per condurre uccisioni o rapimenti contro la leadership Talebana; e cosa più importante che l’Intelligence Pakistana (ISI) è stata ambigua nella sua cooperazione con le forze militari statunitensi.

Non sto dicendo che il signor Assange è un esperto di pubbliche relazioni assunto dal Pentagono o dal governo USA perché non ne abbiamo alcuna evidenza, più probabilmente si tratta solo di un egocentrico in cerca di attenzione.

La prova principale che Wikileaks è probabilmente un operazione di perception management condotta dal Pentagono è costituita dalle reazioni dei media e delle istituzioni, perché in qualunque campagna mediatica quello che veramente conta è la reazione che riesci a provocare con la tua azione. La reazione più importante è stata: “Wikileaks ha messo le vite dei militari USA in grave pericolo.” E questo era sicuramente il principale obiettivo di questa enorme operazione di propaganda: ricordare al pubblico che c’è una guerra da qualche parte e che i nostri poveri soldati stanno rischiando le loro vite e che questi rischi sono stati aumentati dal comportamento irresponsabile di Wikileaks.

La storia si ripete per coloro che la conoscono. Vi ricordate di Daniel Ellsberg e “le carte del pentagono” nel 1971? Ellsberg recitava la parte del pacifista mentre in realtà era un ex marine e un analista militare che non avrebbe mai e poi mai fatto qualcosa senza che gli sia stato ordinato da un superiore nella scala gerarchica militare. Diciamo perciò che gli è stato ordinato di divulgare questa carta igienica…

Infatti in conseguenza di questa sua attività di divulgazione dei pentagon papers, Ellsberg non è stato né licenziato né condannato e nemmeno incolpato per questa fuga di documenti dal Pentagono. Lo stesso presidente Nixon, come risulta dai nastri registrati nello studio ovale ha affermato che i documenti divulgati da Ellsberg erano “innocui”.

La verità è che Wikileaks è più che altro una tipica operazione di disinformazione o di perception management come si definiscono oggi queste operazioni.

E comunque sembra che questa psyop di Wikileaks alla fine può definirsi un successo visto che dopo ben dodici anni ci sono ancora movimenti, manifestazioni, raccolta di fondi e altri eventi che chiedono la liberazione di Julian Assange.

20 Giugno 2023

L’intelligenza artificiale è una truffa che serve solo a tenerci lontano dalla Coscienza

 

Articolo pubblicato il 31 dicembre 2015

 

Ho deciso di scrivere questa storia dopo avere letto questo articolo riguardante l’imprenditore sudafricano Elon Musk che annunciava l’avvio di una ricerca sull’intelligenza artificiale.

In realtà la ricerca sull’intelligenza artificiale è iniziata quando lo scrittore Ceco Karel Čapek ha pubblicato il dramma I robots universali di Rossum nel 1920.

Invece secondo lo scienziato americano John McCarthy, l’intelligenza artificiale è “la scienza e lo sviluppo di macchine intelligenti”.

Partiamo dal fatto che l’espressione “intelligenza artificiale” è un ossimoro, perché l’Intelligenza per definizione e per la natura stessa del Multiverso non potrà MAI essere artificiale perché l’intelligenza presuppone la Coscienza e la Coscienza presuppone un sistema biologico.

Di conseguenza, una macchina o un software non possono avere Coscienza né gli può essere impiantata, perché le macchine sono fatte di materiale inerte e non biologico.

Per questo motivo bisogna affrontare questo argomento con un approccio esattamente agli antipodi rispetto a quello proposto da Elon Musk. Il che significa che per sviluppare qualsiasi tecnologia che possa definirsi rilevante in termini di evoluzione tecnologica occorre partire da materiale cosciente ovvero materiale biologico vivente.

Materiale cosciente è ogni tessuto biologico vivente che come tale disponga di una frequenza vibrazionale che possa essere allineata con la nostra mediante la risonanza. La risonanza permette di aumentare l’intensità di uno specifico segnale, e permette altresì la sintonizzazione su determinate frequenze o funzioni. E’ solo quando entriamo in risonanza con la frequenza giusta che sintonizziamo la radio e decifriamo il particolare programma che vogliamo ascoltare, altrimenti siamo completamente esclusi dalle informazioni trasmesse.

La tecnologia della coscienza si basa tutto su questo: allineamento della frequenza vibrazionale tra due esseri viventi e quindi coscienti. Anche la materia dispone di una frequenza ma non sarà mai alta come quella di un essere vivente.

La tecnologia di cui stiamo parlando non può perciò essere definita come “Intelligenza artificiale” ma piuttosto come “tecnologia della Coscienza” o “Tecnologia Cosciente”. Questa definizione ha però carattere transitorio e sarà da noi utilizzata almeno finché non capiremo che è la Coscienza la sola ed unica tecnologia che può definirsi come tale. Ma per arrivare a questo dovremo aspettare che il nostro processo evolutivo sia progredito abbastanza da poter comprendere questo assunto.

Perciò quando affrontiamo l’argomento di intelligenza “altra” rispetto a quella umana si deve parlare di Tecnologia della Coscienza e non di Intelligenza Artificiale che in pratica significa “anti-intelligenza” quindi A.I è un espressione totalmente senza senso, sebbene conoscendo la direzione del circo in cui viviamo ritengo sia stata scelta proprio per la sua vena ironica.

Al contrario, nella narrazione dei media mainstream lo scenario tecnologico/futuristico proposto, ci mostra sempre robots e cyborgs che diventano immortali oppure macchine che diventano umane. Esempi di scuola a questo riguardo sono film come Blade Runner (1982), Terminator II (1991) e molti altri. Questa è la narrazione che ci è stata presentata un milione di volte dal 1920 ai giorni nostri.

Vediamo di capire perché.

Credo sia utile ricordare che la parola robota in lingua ceca ma anche in lingua Russa significa “lavoro” e infatti quando si parla di intelligenza artificiale si parla sempre di sostituzione del lavoro umano con quello dei robot. Questo tipo di scenario distopico è stato sempre utilizzato per creare uno stato di paura associato al progresso tecnologico. Come se nel futuro i cyborgs e le macchine sostituiranno l’uomo sul lavoro, ingenerando così la paura della competizione uomo contro macchina. Tutto questo significa una cosa sola: Schiavitù. Eh già perché se il modello di riferimento dell’uomo diventa la macchina, che è più efficiente, non va in ferie e non rompe i coglioni è lì che il regime tecno-finanziario vuole farci arrivare.

Il bipede senza  Coscienza o a Coscienza limitata sarà così invogliato a imitare la macchina perché questa è il modello al quale il regime vuole che noi come esseri umani ci ispiriamo: diventare delle macchine. Il seme di questa condizione psicologica emulativa è già stato seminato nel gregge di pecore di cui la nostra società è costituita in maggioranza, perché la corsa all’ultimo gadget instillata sapientemente dalla pubblicità, è già riuscita a produrre il pseudo-archetipo dell’entusiasta della tecnologia. Si tratta di un beota che è pronto ad abbracciare qualsiasi tipo di sottomissione che riporti il marchio AI anche se questo significasse sorveglianza continua, perdita della libertà e in finale perdita della propria Coscienza.

La narrazione mainstream intanto ci ha preparato a questo scenario di sostituzione dell’uomo con i robot e alla rivolta delle macchine, perché questo dovrà essere l’ambito in cui il Neanderthal dovrà operare la scelta di abbracciare la nuova schiavitù scambiandola per libertà, progresso ed evoluzione. In pratica l’evoluzione tecnologica viene sempre associata con l’immagine di schiavitù. Che guarda caso è proprio l’antitesi della Coscienza e della sua evoluzione il cui presupposto imprescindibile è la libertà.

Ma perché l’evoluzione tecnologica è associata con l’immagine del lavoro automatizzato e quindi con la schiavitù? Perché questo è lo scenario di fondo nel quale l’essere umano dovrà trovarsi ad operare una volta che il piano di sottomissione totale alla volontà del dio AI sarà completata.

Il Neanderthal entusiasta della tecnologia ignora che l’unica evoluzione possibile passa attraverso la Coscienza perché questo individuo è stato condizionato a far coincidere l’evoluzione con l’evoluzione tecnologica ma soprattutto, altro concetto manipolativo fondamentale, il bipede è stato portato a credere che è il cervello e solo il cervello il luogo fisico dove risiede l’intelligenza, rimuovendo così totalmente il concetto di Coscienza. In realtà nessuno studio al mondo è riuscito finora a localizzare l’area del cervello dove si situa la coscienza, nonostante la maggioranza della comunità scientifica sia convinta che la coscienza si situi in qualche regione del nostro cervello, si fa sempre più strada l’idea, come suggerisce questo articolo della redazione del Massachussets Institute of Technology, che la Coscienza abbia in realtà una collocazione autonoma rispetto al nostro cervello e anche al nostro corpo.

Il cervello da solo non può nulla senza la Coscienza, perché il cervello è sede delle funzioni neurologiche che coordinano le risposte agli stimoli, quindi il cervello può assolvere a funzioni meccaniche mediate dal ragionamento, come guidare una macchina o usare un computer ma ciò che manca al cervello è l’ispirazione primaria, il soffio iniziale, ciò che gli Indù definiscono  prana e che i Cattolici chiamano Spirito Santo. Senza questa “spinta” primaria il cervello serve a ben poco. E questa spinta comunque può essere recepita soltanto dalla Coscienza nel suo insieme e non da un solo organo quale è appunto il cervello.

 

Perciò se vogliamo parlare di vera evoluzione tecnologica dobbiamo affrontare l’argomento Coscienza che alla fine possiamo usare come sinonimo di Intelligenza e che ancora oggi per la nostra scienza ufficiale costituisce un mistero oscuro e insondabile.

Se ci fate caso, la parola “Coscienza” non viene mai utilizzata né pronunciata in alcun media né dai programmi di intrattenimento né nelle news.

Infatti per la scienza ufficiale la parola “Coscienza” è considerata un tabù. Nonostante il fatto che nel 1803 lo scienziato inglese Thomas Young  mediante l’esperimento della doppia fenditura abbia dimostrato che la luce assume la forma di onda o di particella, a seconda che l’osservatore sia presente o meno.

In pratica, l’esperimento di Young ha dimostrato che la luce può assumere la forma di onda e quindi energia oppure di particella e quindi materia, a seconda che l’osservatore osservi o meno il comportamento della luce. Questo significa che esiste una connessione diretta tra l’essere umano o coscienza che dir si voglia e la materia. Questa connessione non è una connessione passiva ma è l’uomo che determina se la realtà circostante esiste in forma di energia o di materia. Questo esperimento costituisce la base della fisica quantistica.

Le implicazioni di un universo quantistico sono semplicemente rivoluzionarie in termini scientifici, filosofici e metafisici, perché questa scoperta colloca l’uomo al centro di quello che la filosofia e la scienza definiscono Universo. In pratica se è l’uomo a determinare la forma che assume la realtà, questo attribuisce all’uomo una capacità che possiamo definire divina, in quanto è l’uomo a costituire il motore primo della creazione. Se l’osservazione determina la forma della materia e più in generale si comprende che è la Coscienza che crea ciò che definiamo realtà, questo significa anche che spazio e tempo non sono elementi pre-esistenti alla coscienza ma sono prodotti essi stessi dalla coscienza. In pratica tutto ciò che siamo abituati a concepire e definire come “realtà” non è altro che il prodotto del nostro pensiero.

L’esperimento della Doppia Fenditura dimostra perciò inequivocabilmente il ruolo della Coscienza non solo come scaturigine della creazione ma come il fondamento ontologico su cui si basa l’intero Multiverso. Pensate alla reazione che ha avuto Thomas Young quando si è accorto che la luce si comportava in un modo piuttosto che in un altro a seconda che lui fosse presente o meno all’esperimento.

L’esperimento di Young oltre a dimostrare l’esistenza e il ruolo della Coscienza e della fisica quantistica come dinamica del rapporto tra spirito e materia ha in pratica cancellato la ragion d’essere della logica causale Aristotelica, sostituendola con la dinamica simbolica della Sincronicità.

Secondo Carl Gustav Jung ”il concetto generale di sincronicità è la coincidenza temporale di due o più eventi senza nesso di causalità tra di loro ma con lo stesso significato.”

Quindi il collegamento tra due eventi nella fisica quantistica non ha una matrice causale ma simbolica, il che significa che la loro relazione non attiene ad un principio o un ambito meccanico ma il collegamento attiene ad una relazione basata sul significato, che va quindi oltre l’ambito puramente fisico e può essere quindi definito metafisico.

Pur essendo un termine coniato di recente, il concetto junghiano di sincronicità ha un’origine rintracciabile nella tradizione filosofica del neoplatonismo. Già Platone sosteneva l’esistenza di una realtà intelligente, le idee, che formano e indirizzano quella materiale, in maniera tale che i fenomeni della natura risultano collegati tra loro da una legge superiore che egli denominava dialettica.

La presenza del divino nelle vicende del mondo venne intesa successivamente dagli stoici come συν-παθεία (syn-pathèia), in virtù della quale essi ritenevano che qualsiasi evento, anche minimo o assai distante, si ripercuotesse su ogni altro, in contrapposizione alla concezione meccanicista degli epicurei.

E’ invece con i neoplatonici e in particolare con Plotino che la dinamica sincronica dei fenomeni naturali viene spiegata con la nozione di Anima del mondo. Il concetto di Anima del mondo rappresenta il principio unificante della natura, regolato da intime connessioni tra le sue parti, come un organismo da cui prendono forma i singoli esseri viventi; questi ultimi, pur articolandosi e differenziandosi ognuno secondo le proprie specificità individuali, risultano tuttavia legati tra loro da una comune Anima universale.

 Secondo Plotino quindi:

«… coloro che credono che il mondo manifesto sia governato dalla fortuna o dal caso, e che dipenda da cause materiali, sono ben lontani dal divino e dalla nozione di Uno.»

Tuttavia la scienza ufficiale ha sempre fatto finta che l’esperimento di Young e la legge fisica che ne consegue non esistessero, vivendo in uno stato di negazione della Coscienza, negazione che si protrae a tutt’oggi, in modo esponenzialmente inspiegabile.

Infatti la nostra scienza ufficiale è ancora ferma al periodo precedente la legge del dualismo onda-particella e, nonostante questa sia una legge fisica, la fisica ufficiale continua a fare finta che questa legge non esista, affermando nel loro stesso imbarazzo che la meccanica quantistica è applicabile solo a livello di atomi e fotoni, mentre per la fisica classica la quantistica è inspiegabile e quindi non può essere applicata. Cioè in pratica secondo “la scienzah” la meccanica quantistica si applica solo al microcosmo e non al macro.

Lo ripeto ancora una volta in caso non abbiate capito: a tutt’oggi la scienza ufficiale definisce la Fisica Quantistica come “inspiegabile”.

E questa non è una frase detta al bar, questa è la posizione ufficiale della scienza terrestre riguardo la Fisica Quantistica.

La scienza ufficiale persiste nella visione Neanderthaliana secondo la quale l’universo esiste solo in quanto elemento fisico e visibile, manifestazione di una realtà oggettiva, anche se la Fisica Quantistica ha dimostrato il contrario, annientando l’essenza stessa della nozione di oggetto fisico e del concetto stesso di materia che per la quantistica è solo un’altra forma che assume l’energia.

Nonostante il colpo mortale assestatogli dalla quantistica, la scienza ufficiale ancora oggi sostiene l’idea di un universo fisico e non ologrammatico come è in realtà. Ecco perché personaggi ambigui come Elon Musk possono annunciare progetti senza senso come l’intelligenza artificiale o parlare di cyborgs e altri nonsense di questo tipo, perché comunque sono coerenti con la loro negazione della Coscienza.

L’adesione di un personaggio come Elon Musk alla posizione oscurantista della fisica ufficiale può essere compresa da alcune dichiarazioni deliranti fatte da Musk, il quale forte della sua “esperienza” con la società di esplorazioni spaziali di sua proprietà, Space X, ha più volte dichiarato che “non esistono nell’universo altre forme di vita oltre la nostra, perché a quest’ora io lo saprei”.

Ora più negazione della Coscienza di questa dichiarazione di stampo egoico-narcisistico non credo ci sia. E come diceva qualcuno, la presunzione è soltanto l’altra faccia dell’ignoranza. Un altro parametro per verificare l’assenza di coscienza è la magnitudine dell’ego di una persona, quando c’è l’ego la coscienza non c’è e viceversa. Nella frase di Musk l’ego è espresso chiaramente nella parte finale della frase “a quest’ora io lo saprei”.

Questo scenario di negazione della Coscienza non ci stupisce ma anzi è perfettamente coerente con il modello di sottosviluppo della società in cui viviamo che si basa sul principio del dominio di una minoranza sulla maggioranza. Lo studio della fisica quantistica avrebbe conseguenze devastanti per l’attuale assetto socio-economico del mondo in cui viviamo, il sistema dovrebbe infatti riconoscere che l’intero Multiverso è costituito da punti collegati tra loro, che tutti gli esseri umani sono collegati tra loro e che addirittura gli esseri umani, il pianeta in cui viviamo e tutte le galassie sono tutti collegati da una rete invisibile. Questa visione ha delle implicazioni metafisiche insopprimibili e ineluttabili quali ad esempio che l’uomo possiede in sé una dimensione che non può non essere considerata come divina perché il fatto di essere letteralmente il creatore dell’universo lo colloca in una condizione di libertà assoluta.
Inoltre, conseguenza diretta di questa visione è che non esiste una dimensione “esterna” all’uomo ma è l’intero Multiverso ad essere contenuto dentro di noi a partire dallo spazio e dal tempo. Tutto questo per il regime in cui viviamo che si basa sul dominio, non va bene per niente perché secondo questa gente noi siamo né più ne meno che degli insetti e dobbiamo essere schiavi della loro visione materialistica del mondo.

Ed è per questo motivo che il sistema ha inventato questa genialata dell’intelligenza artificiale, perché questa serve a preparare il terreno per la schiavitù che vogliono imporci con l’abbraccio mortale della loro visione distopica chiamata Transumanesimo, secondo cui lo sviluppo dell’essere umano sarà condizionato dallo sviluppo tecnologico. Mentre in realtà in natura e per quanto abbiamo detto finora è vero il contrario.

In pratica secondo questa “filosofia” dell’intelligenza artificiale, l’essere umano dovrà integrare il proprio corpo, in particolare il proprio cervello, con dispositivi tecnologici che lo portino a sviluppare capacità che altrimenti non potrebbe avere.

Questo assunto parte dalla negazione del ruolo della Coscienza come base del Multiverso ma sopratutto parte dalla negazione della Multidimensionalità  della nostra coscienza. Non possiamo adesso addentrarci anche in questo ambito ma basterà considerare il fatto che la nostra coscienza è multidimensionale perché la coscienza è in grado di sperimentare e di vivere in innumerevoli dimensioni.

E l’essere umano non ha bisogno di alcuna integrazione tecnologica per evolvere perché è già dotato del più sofisticato equipaggiamento tecnologico esistente: la propria Coscienza.

In conclusione questa riflessione serve solo per ricordare a chi legge che l’unica evoluzione possibile è l’evoluzione della Coscienza e non l’evoluzione tecnologica perché senza la prima la seconda non può avere luogo.

Nonostante ciò sia una realtà scientificamente provata, viviamo in un epoca in cui molti sono entusiasti della tecnologia e questi individui sono pronti ad accogliere tutte le iniziative tecnologiche e schiavistiche che il regime tecno-finanziario vorrà fargli ingoiare, perché secondo le loro menti condizionate, tecnologia ed evoluzione sono la stessa cosa. Il sistema si approfitterà degli entusiasti della tecnologia per imporre la sorveglianza continua, sia in casa che fuori casa, togliendoci dapprima la libertà e alla fine anche l’anima.

L’insegnamento On-line è il primo step per imporre la sorveglianza e farcela abbracciare come evoluzione. L’entusiasta della tecnologia è contento di questa evoluzione perché i figli sono sorvegliati dall’occhio telematico quindi sono resi innocui da un controllore remoto che gli assolve il problema di farli studiare.

Il Neanderthal però ignora che la sorveglianza è un attacco diretto alla Coscienza, perché si tratta di un condizionamento, una negazione della libertà. Il Neanderhtal ignora che i propri figli diverrano degli automi con un pensiero unico al cui confronto la parola conformismo sembrerà il più grande eufemismo della storia umana. Infatti se l’insegnamento On-line diventerà la regola avremo degli esseri fatti con lo stampino, perché proveniranno tutti dalla stessa matrice. Quindi la comunicazione sarà la stessa, le espressioni facciali saranno tutte le stesse, il modo di parlare e di respirare sarà lo stesso, la gestualità sarà ripetitiva e sempre la stessa, questo perché uno schermo è una superficie unidimensionale limitata, dove anche la comunicazione è limitata. Il che significa che quando le persone si vedranno vis a vis, cioè di persona, saranno terrorizzate dal confronto fisico, dallo specchiarsi in una immagine che non è rimandata da uno schermo ma è uno specchio multidimensionale. Il risultato è che creeremo una generazione di disabili psichici e fisici che avranno il terrore di incontrarsi.

Quindi la domanda è: come fa il gregge ad essere entusiasta mentre corre verso il mattatoio?

La risposta è che avendo questa civiltà vissuto per decine di migliaia di anni in regime di schiavitù sotto le più disparate forme, si è sviluppata nell’uomo una sorta di sindrome di Stoccolma allargata, grazie alla quale l’uomo non solo non si lamenta del proprio stato di schiavitù ma ha iniziato ad amare anche i propri schiavisti. L’essere schiavo è perciò talmente una condizione naturale per il bipede di questo pianeta che senza sottomettersi al giogo di qualcuno e in condizione di totale libertà, l’essere umano non saprebbe cosa fare e andrebbe nel panico.

Eppure non ci vuole tanto per comprendere che i rapporti umani non possono essere sostituiti da un’immagine su uno schermo. Nell’interazione tra umani la comunicazione è composta di una parte non verbale che secondo Albert Mehrabian, Emeritus di Psicologia all’University of California, Los Angeles è del 93%. Ripeto: la componente non verbale  costituisce il 93% di un dialogo tra esseri umani. Capite adesso perché parlo di Neanderthal, di beoti e di gregge che corre verso il mattatoio?

Si può facilmente comprendere che se la scienza ufficiale continuerà a negare il ruolo della Coscienza, noi come civiltà non potremo fare alcun passo avanti in termini di evoluzione tecnologica perché sarebbe come cercare di costruire una nave negando l’esistenza dell’acqua.

Come ha affermato Deepak Chopra: “la Coscienza è fondamentale e senza causa. E’ la base dell’esistenza. Come esseri coscienti, gli umani non possono sperimentare, misurare o concepire una realtà svuotata della Coscienza.” Perché una cosa è certa: se non mettiamo la Coscienza al centro di tutta la ricerca scientifica noi resteremo dove siamo incastrati adesso: nelle tenebre.

Se questa è la situazione, perché la scienza ufficiale nega ancora l’esistenza stessa della Coscienza e il suo ruolo cruciale nell’evoluzione tecnologica?

Una delle ragioni che mi vengono in mente per perpetuare la negazione della Coscienza come base ontologica del Multiverso o della Fisica quantistica come meccanica per comprendere il rapporto tra Coscienza ed energia o Coscienza e materia è dovuto al fatto che se si approfondisce lo studio della Coscienza e della Quantistica si scopre che l’intero Multiverso è composto di energia, che tutto è energia e che anche la materia è energia con un più alto livello di densità. Le conseguenze dirette di questo ragionamento è che se nel Multiverso l’energia è ovunque per quale motivo non possiamo utilizzare questa energia? E infatti è questa domanda da 600 trilioni di dollari che ha messo un freno alla ricerca sulla Fisica Quantistica e sulla Coscienza da parte della scienza ufficiale. Se la scienza ufficiale fosse stata libera dal giogo delle multinazionali del petrolio, a quest’ora tutti gli abitanti di questo pianeta avrebbero potuto godere di energia gratis grazie al Quantum Vacuum o energia dello spazio vuoto o energia punto zero. Quando nel 1903 Nikla Tesla spiegò al suo finanziatore, il banchiere J.P. Morgan, che egli era in grado di costruire un apparato che poteva produrre energia gratis per tutti gli abitanti del pianeta terra, il banchiere non era proprio felice di questa scoperta. “Il problema è che se questa roba è gratis io non ci faccio niente e non ci potrai fare niente nemmeno tu perché nessuno vuole che l’energia sia gratis”. Perciò se questo pianeta si trova ancora a livello energetico in una condizione primitiva lo dobbiamo al banchiere J.P. Morgan e in seguito a tutti quei rappresentanti dell’industria e della finanza che come lui credono che l’energia non debba essere gratis ma deve essere a pagamento.

A questo riguardo lo scorso fine settimana al National Press Club di Washington D.C, si è tenuta una serie di incontri di due giorni dedicati alla vita nel Multiverso e all’energia punto zero. Gli incontri, sono stati organizzati dal Disclosure Project, una organizzazione non governativa fondata dal Dr. Steven Greer, che dal 2001 ha raggruppato più di 1000 testimoni tra ex militari e membri dell’Intelligence USA che hanno lavorato nell’ambito dei cosiddetti “black projects”, progetti di ricerca militare completamente illegali, in quanto non supervisionati dal governo. Il Disclosure Project è stata la prima organizzazione al mondo a chiedere ufficialmente al governo USA la fine del regime di segretezza riguardante l’esistenza di altre civiltà nell’universo, l’esistenza dell’energia punto zero e a promuovere la visione dell’universo quantistico secondo la quale è la coscienza ad essere il centro e la matrice creativa del tutto.

 

 

Gli incontri sono terminati con la proiezione del film “Il secolo perduto”, un documentario dedicato a questi cento anni appena trascorsi, durante i quali l’umanità ha dovuto rinunciare alla propria evoluzione tecnologica, spirituale, politica e sociale perché il complesso militare industriale globale ha di fatto nascosto e quindi impedito lo sviluppo e la diffusione dell’energia punto zero.

Un’altra possibile ragione materiale alla negazione della Coscienza come motore dell’Universo può essere l’industria delle armi, perché ovviamente in un mondo incentrato sulla Coscienza le armi non trovano grande applicazione. “Stephen Hawking in un editoriale pubblicato sull’Independent nel 2014 ha scritto che “Con lo sviluppo dell’intelligenza artificiale i militari stanno considerando sistemi di armamenti che possono scegliere ed eliminare obiettivi autonomamente.” Con questa affermazione Hawking implicitamente ammette la possibilità che l’Intelligenza artificiale possa disporre di una propria volontà e di una autonomia decisionale, cosa questa impossibile per le ragioni che abbiamo spiegato all’inizio.

E allora perché scienziati e miliardari insistono con queste teorie bislacche e senza fondamento?

Ecco la risposta:

Sfortunatamente per Mr. Hawking, se si inizia a sviluppare tecnologia cosciente è imprescindibile stare dalla parte della Coscienza. Il che significa che l’intero presupposto per lo sviluppo, l’applicazione e lo scopo del progetto devono essere rispettosi dell’essenza della Coscienza che è la vita. Il che significa che non si può usare materiale vivente e quindi cosciente per perseguire un obiettivo che sia contrario al principio della vita. Per esempio, se si costruisce un arma che è cosciente, quell’arma non sparerà mai per delle ragioni sbagliate o che vanno contro la Coscienza e quindi contro la vita. Ed ecco perché questa tecnologia trova una così forte resistenza in questo pianeta. La nostra civiltà infatti si distingue a tutt’oggi per essere di natura psicopatica: guerre e uccisioni in questa dimensione temporale sono considerati ordinaria amministrazione e i nostri governi esercitano il loro potere mantenendo uno stato permanente di paura e terrore che sono l’esatto opposto di una civiltà basata sulla Coscienza e quindi sul principio della Vita.

Riuscite a immaginare le industrie di questo pianeta che sviluppano una tecnologia che non ha applicazioni militari e che conducono ineluttabilmente alla pace universale?

Riuscite a immaginare il complesso militare industriale impegnato a sviluppare una tecnologia che ha come prerequisito quello di escludere la possibilità di uccidere o fare del male ingiustamente?

O anche peggio una tecnologia in grado di vaporizzare all’istante qualsiasi paura umana?

Tutto questo non è possibile. Non in questa dimensione.
La paura è lo strumento principale di controllo utilizzato dall’élite che regna su questo pianeta. Se la paura svanisse, tra i membri dell’establishment si scatenerebbe il panico e le borse di tutto il mondo crollerebbero all’istante.

Alla luce di queste considerazioni, questa avversione per la Coscienza acquista un senso compiuto ed è anche coerente con il perseguimento di nonsense come l’intelligenza artificiale.

Questo perché grazie all’intelligenza artificiale potremmo scaricare le nostre responsabilità sul malfunzionamento delle macchine o relegare a loro l’autorità di decidere per noi.

Infatti negli ultimi anni abbiamo letto di scenari distopici che ci avvertono dei possibili pericoli derivanti dall’intelligenza artificiale: dalla perdita del lavoro alla rivolta delle macchine, fino alla schiavitù dell’umanità, che è sempre associata al tema del futuro tecnologico. Il presupposto di questo ragionamento sulla pericolosità delle macchine intelligenti sembra essere che non c’è un essere pensante che possa controllarne lo sviluppo o supervisionarne l’attività. Ed è proprio questo fasullo presupposto psicologico la base di tutta questa manipolazione e questo presupposto è l’impotenza dell’uomo rispetto alla volontà e al potere della macchina. In pratica il presupposto è che l’uomo è un essere impotente di fronte alla macchina e questa è una vera bestemmia perché l’uomo come dimostrato dalla fisica quantistica è il creatore dell’universo. Capite perché il ruolo della Coscienza viene negato totalmente? Perché la Coscienza rappresenta la libertà eterna, la liberazione dalle catene della schiavitù della mente e della morte. La mente e la morte sono invece gli unici luoghi in cui chi dirige questo circo vorrebbe relegare l’uomo al fine di sottometterlo.

A questo proposito è interessante notare che coloro che ci mettono in guardia dai pericoli dell’intelligenza artificiale sono le stesse persone che stanno lavorando al suo sviluppo, a partire da Elon Musk. Quindi la cosa è piuttosto strana, perché sono gli stessi sponsors del progetto Intelligenza Artificiale che ci avvertono dei possibili rischi legati allo sviluppo di questa ricerca.

In verità un senso questo terrorismo psicologico ce l’ha e come. Come per altre minacce già perpetrate in passato da questo regime tecnocratico-finanziario, la minaccia porta sempre con se anche la soluzione. Ad esempio quando la minaccia era il terrorismo, la soluzione era l’intervento militare, quando la minaccia era la pandemia la soluzione era il vaccino e adesso che la minaccia è l’Intelligenza artificiale, la soluzione ce l’ha Neuralink, la società di Elon Musk che produce microchip impiantabili nel cervello umano.

Infatti il messaggio che questa gente vuole far passare è che l’essere umano è minacciato dall’intelligenza artificiale, che può soffiargli il lavoro, far scoppiare una guerra ecc. Al fine di poter “competere” con l’AI, l’essere umano deve essere equipaggiato con un microchip installato nel cervello, in modo che diventi abbastanza macchina da poter competere con la macchina. Più negazione della Coscienza di questa…

Io non so se vi rendete conto del livello di scemenze che questa gente vi racconta ma una macchina non potrà mai essere intelligente come una scimmia, perché una macchina non dispone di un sistema neurologico in grado di coordinare le proprie reazioni in risposta agli stimoli sensoriali. E anche se questo diventasse possibile, alla base ci sarebbe sempre e solo un algoritmo e un algoritmo non riesce ad uscire dall’ambito dell’imitazione. Cosa significa questo? Che al massimo una macchina può emulare l’intelligenza umana o al massimo mimarla ma questo il bipede entusiasta della tecnologia non lo sa.

Perciò questa minaccia dell’intelligenza artificiale non solo è falsa ma costituisce una pericolosa truffa perché sulla base di questa falsità spingeranno (come è successo con la falsa pandemia) milioni se non miliardi di persone a farsi installare un microchip nel cervello. Perciò la vera minaccia non è l’intelligenza artificiale in sé che è anti-intelligente per definizione, la vera minaccia è costituita da coloro che vogliono farvi credere che esiste questa minaccia. Un film già visto ma i bipedi terrestri sembra non imparino dai propri errori.

L’insabbiamento sulla Tecnologia della Coscienza è così grande che queste persone stanno usando ogni mezzo per disinformare il pubblico su questo argomento.

Ho appena trovato questo articolo pubblicato nientemeno che dal World Economic Forum, il cui titolo è “Cos’è la Tecnologia Cosciente?”. Tuttavia se si legge l’articolo dopo due righe si reindirizza il discorso sull’intelligenza artificiale e sull’onnipresente pericolo rappresentato dal suo sviluppo  perché i cyborgs potrebbero rivoltarsi contro di noi, ecc.. Insomma una serie di avvertimenti che servono solo a disinformare il lettore e che affossano la reputazione di un organizzazione come il WEF.

Dall’altra parte ho trovato invece qualcuno che ha veramente capito cos’è la Tecnologia della Coscienza e sto parlando del Dr. Rachel Armstrong, la quale parla di “Architettura vivente” e di “Astronavi viventi” e questo è esattamente ciò che intendo quando parlo di Tecnologia della Coscienza. Ad ogni modo, qui non siamo interessati alle ragioni per le quali la scienza ufficiale si rifiuta di aprirsi alla tecnologia della Coscienza, questo articolo ha come unico scopo quello di far comprendere al lettore che l’intelligenza artificiale è una truffa pseudo-scientifica, che serve solo a fermare qualsiasi tentativo di avvicinarci allo sviluppo di una qualsiasi tecnologia che abbia come presupposto la Coscienza.

Può sembrare paradossale ma lo schema sta funzionando alla grande, se si pensa che la scienza ufficiale è stata capace di relegare la Fisica Quantistica ad un rango di studi di minore importanza ed è stata anche capace di fermare lo stato di evoluzione della fisica al 1803. Stiamo parlando di 200 anni fa! Per riuscire in una simile operazione o sei Houdini o hai una platea di narcolessici.

La scienza ufficiale può stare tranquilla riguardo il fatto di riuscire farci credere che l’intelligenza artificiale sia il futuro perché per duecento anni ha bloccato l’evoluzione tecnologica di un intero pianeta. E comunque il vantaggio della Tecnologia Cosciente è che essendo l’unica via per la vera Evoluzione, prima o poi saremo costretti a studiarla e a svilupparla. In quel tempo che si avvicina sempre di più, nessuno si ricorderà più di personaggi come Elon Musk perché saremo finalmente esseri evoluti e soprattutto liberi.

Gianluca D’Agostino

22 Ottobre 2020

La trappola dei DPCM e la sindrome del topo

La Great Barrington Declaration è una dichiarazione firmata da 9.824 scienziati di medicina epidemiologica e di salute pubblica e da 26.202 medici specialisti.

Secondo questi 36.026 scienziati e medici provenienti da università quali Harvard, Stanford, Princeton e tra i quali c’è anche un premio Nobel, le attuali politiche restrittive messe in atto dai governi per fronteggiare il Covid 19 stanno producendo risultati devastanti sulla salute pubblica, fisica e mentale, sia sul breve che sul lungo periodo.

Le scelte messe in atto ad esempio dal governo italiano dell’obbligo di indossare la mascherina anche all’aperto, o in Francia di farla indossare alle partorienti, così come il divieto di assembramento, sono misure non solo sproporzionate ma completamente folli.

E allora, se il buonsenso e la scienza medica epidemiologica ci dicono che queste misure sono controproducenti, non solo riguardo il modo in cui si affronta un virus ma perché costituiscono una minaccia seria per la nostra salute, per quale motivo la gran parte della popolazione civile aderisce di buon grado a queste misure terroristiche adottate dai nostri governi?

E perché alcuni di loro sono addirittura diventati dei fanatici sostenitori delle misure restrittive e del lockdown? La risposta è che si tratta di persone affette da una particolare condizione conosciuta come “Sindrome del topo”.

La sindrome del topo è così definita perché il soggetto che ne è colpito è assimilabile nel comportamento ad un ratto.

I topi sono animali paurosi e schivi, vivono nelle fogne e detestano la luce naturale, si muovono al buio e sempre in gruppo. Vedremo come questi elementi comportamentali sono perfettamente coincidenti con quelli dei soggetti entusiasti delle misure restrittive.

Dal punto di vista della simbologia, il topo nelle diverse culture rappresenta la capacità di adattamento, la sopravvivenza, l’astuzia ma anche la malattia, la povertà, il degrado e l’ingiustizia.

Di solito sono le favelas delle grandi città brasiliane e i quartieri più poveri delle grandi città statunitensi come Chicago o Washington D.C. quelli più infestati dai ratti.

Dal punto di vista psicologico gli uomini topo versano in un permanente stato di sofferenza mentale, dovuta a depressione cronica, che sfocia poi in una situazione di impotenza: “Non ce la posso fare, la mia condizione è questa, sono fatto così, è un mondo crudele, devo solo imparare a conviverci, non posso farci niente, non ho speranza…”.

Molto spesso tali ragionamenti sono il frutto di una concezione strutturata e calcificata nella loro mente conosciuta come Learned Helplessness che in italiano è tradotto come impotenza appresa. L’impotenza appresa è stata scoperta da Martin Seligman e Steven F. Maier nel 1967.¹

Seligman e Maier, per simulare eventi di vita stressanti e incontrollabili, utilizzarono leggere scosse elettriche che applicarono ad animali come cani e ratti. Lo scopo degli esperimenti era quello di osservare se ci fossero differenze nei comportamenti in due gruppi di animali sottoposti a due diverse esperienze.

Un gruppo al quale non era stata data alcuna possibilità di evitare gli stimoli avversi, l’altro invece con tale possibilità. Nella fase sperimentale finale, a entrambi i gruppi di animali veniva data la possibilità di agire per evitare le scosse.

Il risultato conclusivo è stato che coloro che avevano già avuto la possibilità di evitare il dolore l’avevano colta immediatamente; coloro i quali invece nella prima condizione avevano imparato che nonostante i loro sforzi le stimolazioni dolorose sarebbero continuate, non mettevano in atto alcun comportamento di fuga o reazione, ma rimanevano impotenti a subire il dolore.

Gli stessi studi sono stati effettuati sugli esseri umani, sostituendo le scosse elettriche con un suono forte e fastidioso. L’effetto risultò esattamente lo stesso. A seguito di tali osservazioni, Seligman e colleghi proposero che nei partecipanti, i quali avevano sperimentato il fenomeno di impotenza, potevano essere individuati tre deficit specifici:

 

  • Cognitivo: i soggetti percepiscono le circostanze come incontrollabili (mancanza di controllo).
  • Emotivo: i soggetti sperimentano uno stato depressivo conseguente al fatto di trovarsi in una situazione negativa su cui non si può intervenire (mancanza di speranza).
  • Motivazionale: i soggetti non rispondono a potenziali metodi per sfuggire alla situazione negativa (mancanza di reazione).

 

La psicologa americana Kendra Cherry (2014), ha definito l’impotenza appresa come uno stato mentale in cui un essere vivente, dopo essere stato esposto a frequenti stimoli dolorosi e spiacevoli, diventa incapace o riluttante a evitare il successivo incontro con questi stessi stimoli, anche se sono evitabili.

Ciò accade perché il soggetto è convinto di avere appreso che, nonostante i suoi sforzi, non riesce a controllare la propria vita e per questo motivo si sente impotente. Se questa condizione di impotenza continua a verificarsi, il soggetto si convince che in quella particolare situazione o evento non c’è niente che possa fare, se non aspettarne l’esito negativo perché questo è ciò che il soggetto è convinto di avere appreso.

Helplessness sta dunque ad indicare una condizione di depressione cronica e di impotenza. In pratica il soggetto si convince che a scapito di tutto ciò che si possa fare, la situazione non cambierà mai. Non solo io non posso fare niente per evitare l’inevitabile ma nessun altro può farlo, il mio destino è segnato.

Learned (appresa) sta invece a significare che questa visione deprimente della vita non è un tratto innato ma che noi stessi l’abbiamo strutturata e reso automatico il nostro sistema di non reazione alle avversità della vita. È un comportamento appreso, condizionato da esperienze in cui il soggetto è convinto di non avere alcun controllo sulla direzione della propria vita. Quindi qualsiasi cambiamento a questa esperienza dolorosa è impossibile. 

L’apparato che gestisce l’emergenza del Covid 19 sfrutta la sindrome del topo, ovverosia la convinzione che il nostro stato di schiavitù sia ineluttabile, per diffondere così la falsa convinzione che questa emergenza sanitaria sia stata causata dalla sfortuna e che dobbiamo rinunciare alla nostra libertà e alla nostra vita e che altre sfortune dovranno arrivare perché questa è la condizione umana.

Negli ultimi tempi abbiamo assistito all’applicazione di questo esperimento sostituendo alle scosse elettriche i Decreti del Presidente del Consiglio. Nei giorni precedenti la firma di questi decreti, la prima scossa è stata data dai media che hanno creato allarme paventando chiusure e lockdown.

Quando la presidenza del Consiglio alla presentazione del decreto ha optato per una politica più soft di quella prevista dai giornali, le nuove restrizioni sono state accolte con un sospiro di sollievo. E la popolazione ha abbracciato con entusiasmo il fatto che il Presidente del Consiglio, con questo decreto, ha di fatto sospeso il diritto di assemblea previsto dall’articolo 17 della Costituzione.

Ovviamente il presupposto fondamentale affinché la strategia dell’impotenza appresa funzioni è che i destinatari di questi provvedimenti considerino questa imposizione esterna come normale e senza metterla in discussione. Per potere condurre in porto una simile operazione senza rischio di opposizione è necessario che l’essere umano, al quale questa imposizione è destinata, sia un soggetto inconsapevole riguardo la condizione umana, cioè che non abbia consapevolezza della libertà come la naturale condizione dell’esistenza.

Il problema dell’essere umano sin dalla notte dei tempi è sempre stato quello dell’identità. L’uomo non sa chi è ed è per questo motivo che gli si può fare di tutto.Tu prendi un essere umano del pianeta terra nel 2020 e gli dici che deve avere paura del Covid e quello ha paura. Com’è possibile che accada questo?

Questo accade perché l’uomo che abita questo pianeta, ancora oggi ha bisogno della pubblicità per sapere come deve vestirsi, ha bisogno della televisione per sapere che cosa succede, ha bisogno di un “intellettuale” che gli dica cosa pensare e di un leader politico che lo guidi e gli dica cosa deve fare.

L’uomo sin dall’alba della nostra civiltà ha sempre delegato ad altri le proprie responsabilità ed è per questo motivo che nel corso della storia sono nate e cresciute le dittature e che ci troviamo oggi in questa situazione imbarazzante. Perciò, presupposto fondamentale del desiderio di libertà, è la consapevolezza riguardo la propria condizione naturale di libertà assoluta e totale.

Il sistema si approfitta di questo stato di inconsapevolezza ed utilizza l’impotenza appresa per confermare agli uomini topo non solo che la loro visione è giusta ma nel contempo, per indurre chi ancora non ha questa visione di ineluttabilità del proprio destino a convincersi che lo stato di schiavitù è inevitabile.

Perciò l’autorità costituita, in forza della capacità di poter imporre divieti al cittadino, avvia questo processo di impotenza appresa, imponendo ogni giorno nuove misure restrittive che, la maggioranza dei soggetti, inizierà a percepire e considerare come ineluttabili.

Sindrome del topo: scosse e DPCM

Come negli esperimenti di Seligman, i destinatari dei provvedimenti (le scosse elettriche) inizieranno a considerare come normali tutte le imposizioni: dall’indossare la mascherina, al coprifuoco, al farsi misurare la febbre per accedere ad un qualsiasi esercizio commerciale.

L’essere umano sta sperimentando una serie di limitazioni alla propria libertà senza metterne in discussione la necessità o il loro scopo. Senza nemmeno fermarsi a pensare che queste limitazioni non solo sono lesive della libertà e dannose per la nostra salute ma completamente inutili.

Il problema è che per mettere in discussione questo sistema di misure restrittive è necessaria la presenza di un’autonomia di pensiero e di uno spirito che sia libero dal conformismo imperante. E come si può pretendere autonomia di pensiero da una società fatta di uomini che hanno bisogno della televisione per sapere cosa pensare, cosa dire, come vestirsi e cosa fare?

Cambiare la percezione della propria condizione di sofferenza necessita un cambio di prospettiva. Tuttavia il cambiamento di prospettiva, oltre a presupporre una visione ottimistica, una fiducia in se stessi e nella vita stessa, presuppone la dote del coraggio che in latino cor-agio si traduce come “azione del cuore”.

Ma l’uomo topo ha rinunciato ad aprire il suo cuore, abbracciando la visione pessimistica dell’impotenza, ha scelto di nutrire solo il suo stato di sofferenza. Si crea così un circolo vizioso: L’impotenza appresa lo porta a vedere l’intero Universo come ingiusto e questa dispercezione alimenta il suo egoismo e la sua chiusura nei confronti degli altri.

Chi è affetto dalla sindrome del topo è di solito un individuo risentito, perché convinto di stare subendo un’ingiustizia. Perciò, se si vive in un tale stato mentale, qualsiasi altra emozione ci è preclusa perché si diventa schiavi di questa falsa rappresentazione e siccome il mondo è ingiusto con l’uomo topo, questi si sente autorizzato a pensare e ad agire in modo ingiusto nei confronti del mondo.

L’uomo topo sfrutta la rappresentazione mentale dell’ingiustizia per perpetuare non solo la propria condizione di schiavo ma anche per godere della sofferenza altrui. Quando l’uomo topo si confronta con chiunque non soffra della sua stessa condizione, vede la propria situazione come peggiore rispetto a quella altrui e quindi ingiusta.

Chi soffre della sindrome del topo è convinto che la sua condizione non possa mutare, perciò lo stato di benessere altrui diventa anche questo ingiusto ai suoi occhi. Allora per dare una spiegazione a questo stato di ineguaglianza, o se preferite di ingiustizia, egli attribuisce l’altrui condizione di benessere a cause esterne e a lui inaccessibili. Ad esempio la fortuna o altre qualità innate, interpretando l’altrui leggerezza e libertà mentale come menefreghismo o superficialità e ingenerando così in se stesso uno stato di malessere e di risentimento crescente nei confronti di chi vive una condizione di benessere e perciò ama la propria libertà.

L’uomo topo prova risentimento perché la sofferenza mentale in cui è costretto a vivere è percepita come condizione personale e solitaria e non è condivisibile per sua natura con nessun altro, perché è proprio il confronto con la situazione dell’altro che fa nascere il risentimento.

Quindi il primo elemento in comune tra queste persone e i topi di fogna è proprio l’habitat in cui entrambi vivono, che nel caso del topo sono le fogne mentre nell’uomo topo è la sua mente. La mente dell’uomo topo può essere paragonata ad una fogna perché, come in una fogna, i pensieri di questi individui nuotano nell’impotenza appresa, in cui amano crogiolarsi, preferendo provare risentimento e invidia per gli altri piuttosto che cambiare il loro stato mentale fognario.

Il secondo elemento che identifica questi soggetti, oltre al fatto di essere convinti di subire un’ingiustizia, è la Schadenfreude, un’espressione in lingua tedesca che può essere tradotta in italiano come “godere delle disgrazie altrui”

L’uomo topo è convinto di avere subito un’ingiustizia perché pensa di essere impossibilitato a cambiare la propria condizione, per via del destino, della sfortuna o di un dio che l’ha messo in questo cammino sventurato. In pratica la causa del proprio malessere non è attribuibile a se stesso ma a qualcun altro che non è lui. E maledice coloro che al contrario di lui stanno bene.

L’unica possibilità per l’uomo topo di alleviare questo suo stato di dolore è dato dal provare piacere quando l’altro, cioè un individuo da lui considerato come “fortunato”, si trova finalmente nella sua stessa condizione.

Il lockdown infatti è un po’ una metafora della topaia. Milioni di esseri umani sono stati costretti “come topi in gabbia” a rifugiarsi nelle loro tane. Perciò sono stati privati della loro normale condizione di libertà. Chi soffre della sindrome del topo invece, vive perennemente in uno stato di prigionia, perché considera il proprio stato di sofferenza mentale come immutabile.

Ecco dunque che la Schadenfreude dell’uomo topo, consiste nel provare godimento quando, con il lockdown imposto dal governo, l’uomo libero finalmente si trova nella sua stessa condizione, perché la sua libertà personale viene limitata addirittura dalla legge.

Questo per l’uomo topo costituisce il massimo del godimento, perché finalmente egli sperimenta quella “giustizia” che da sempre gli manca. Poiché, in quanto impotente di attuare il più piccolo cambiamento nella sua vita, nella sua mente e nella sua incapacità di provare emozioni, l’uomo topo trova finalmente una sensazione di “giustizia” nel vedere limitata la libertà altrui.

La giustizia vera è invece la meccanica sulla quale si basa la Coscienza

Coscienza e Giustizia sono concetti interdipendenti tra loro perché non può esserci l’una senza l’altra e sappiamo che Coscienza è anche sinonimo della vita stessa, perché senza Coscienza non può esserci vita.

L’ingiustizia che costituisce la visione del mondo dell’uomo topo è l’antitesi della vita, perché se si guarda all’universo come dinamica ingiusta, il significato stesso della vita viene meno, perché anche la vita sembrerà ingiusta e quindi brutta.

Il soggetto non apprezza più la vita, non la ama più e comincia a detestarla.

Gli uomini topo provano animosità, rancore, invidia e disprezzo per chi gode della propria esistenza. Perciò l’uomo topo detesta la vita ed è incapace di amarla perché non ama se stesso. L’uomo topo non può amare se stesso in quanto, auto-convintosi di essere destinato a soffrire, è arrivato al punto di amare quella sua condizione di schiavitù mentale e detestare qualunque forma di vita a partire dalla propria.

A questo riguardo l’habitat mentale del topo di fogna è caratterizzato da un altro elemento psicologico tipico di questa sindrome: la necrofilia. Lo abbiamo visto durante il lockdown quando la frase tipica degli uomini topo contro lo scetticismo umano era un refrain continuo:“andate negli ospedali, andate a parlare con gli infermieri”.

Un’altra frase tipica che l’uomo topo ha usato come bandiera durante il lockdown è: “vallo a dire ai parenti dei morti”. In quest’ultima frase la proiezione è simbolica perché, quando l’uomo topo si riferisce ai parenti dei morti, sta in realtà parlando dei propri parenti, i quali devono convivere con un morto che è lui stesso.

L’uomo topo è infatti un uomo che, essendo “morto dentro” ed essendo altresì convinto di non poter fare niente per cambiare questa sua condizione, cerca in tutti i modi di trascinare individui normali verso il suo stato necrotico.

L’uomo topo è morto nell’anima ma nonostante questo, egli è un devoto della sopravvivenza, perché è spaventato dalla morte. La morte lo spaventa perché, nel profondo del suo inconscio, è celata la consapevolezza che la sua vita si basi su un principio che non rispetta la giustizia e l’assenza di giustizia è assenza di coscienza e assenza di coscienza significa che non si è più vivi.

Durante l’emergenza sanitaria che abbiamo sperimentato negli ultimi mesi, l’uomo topo è stato superattivo nel rispettare i protocolli sanitari insensati imposti dal governo e nel farli rispettare anche agli altri, andando fiero di questa sua condotta di “guardiano dell’ordine necrotico.”

In pratica l’uomo topo con l’emergenza dovuta al Covid 19 ha subito una vera e propria rinascita, perché si è convinto che finalmente l’umanità intera, e non solo lui, fosse precipitata nell’abisso dell’incertezza e della paura che costituiscono il suo habitat naturale.

Finalmente quell’incubo quotidiano collettivo riusciva a dargli una sensazione di sollievo ma sopratutto di giustizia, perché portava nella sua vita una sensazione di uguaglianza con tutti gli altri esseri umani, i quali finalmente avrebbero potuto iniziare a provare lo stesso senso di terrore che gli uomini topo provano da sempre.

Sindrome del topo ed emergenza

In conclusione l’emergenza sanitaria del Covid 19, da marzo 2020 ha portato morte, malattia, restrizioni della libertà di movimento, annullamento delle relazioni sociali, distruzione della vita sociale, dei rapporti umani e minaccia alla condizione naturale dell’essere umano che è quella della libertà. Ma l’uomo consapevole ha risorse all’interno di sé infinite e avrà sfruttato questo periodo per lavorare ancora di più su stesso, per migliorarsi e continuerà ad impegnarsi per manifestare nel modo più chiaro possibile la sua contrarietà a questo tipo di restrizioni.

Invece per gli uomini topo l’emergenza sanitaria ha ripristinato una condizione di giustizia, perché finalmente anche gli altri hanno iniziato a soffrire a causa delle restrizioni imposte dal governo.

Uguaglianza finalmente! Per questo motivo per gli uomini topo, l’incubo collettivo del Covid 19 non solo deve durare il più a lungo possibile ma deve essere difeso con tutte le forze dalla comunità degli uomini topo, perché questo incubo rappresenta la loro rivalsa nei confronti di chi sta bene.

Se avessimo l’opportunità di esaminare più a fondo il profilo psicologico di questi “guardiani dell’ordine necrotico”, scopriremmo che si tratta di persone che hanno una storia personale disseminata di problemi, quali l’accettazione di se stessi, problemi di integrazione sociale e di abusi. Perciò questa situazione costituisce per loro un’opportunità unica di rivalsa nei confronti di questo mondo ingiusto che li ha costretti secondo loro a una vita di sofferenza.

Tuttavia la sensazione di uguaglianza che scaturisce dalla sofferenza collettiva è in realtà soltanto un palliativo, perché non si tratta di vera uguaglianza ma solo di un’illusione. Una volta terminata l’emergenza e le misure restrittive, gli uomini topo ritornerebbero nel loro stato mentale di sempre. Perciò quell’illusione che si fonda sulla paura non può finire, perché gli uomini topo si nutrono di paura come dei tossicodipendenti di eroina. Quindi sono pronti a tutto pur di difendere questo stato di terrore e la loro malattia cronica.

Questi individui costituiscono perciò la base del consenso di questo nuovo regime della paura. E quale migliore base di consenso può avere un regime del terrore che si basa su una montagna di menzogne, se non un collettivo di uomini topo che fanno dell’ingiustizia la loro stessa ragione di vita?

Ma la paura costituisce anche il loro limite, perché la loro visione del mondo, essendo basata su un principio di ingiustizia e quindi di incoscienza, li rende vulnerabili alla luce della Coscienza.

Per questo motivo è cruciale fare luce su questa trappola psicologica, affinché chi ne soffre ne diventi consapevole. Questo è un momento in cui tutti noi dobbiamo lavorare di più su noi stessi, cercando di comprendere che le avversità non sono una condizione ineluttabile ma anzi dovrebbero costituire il segnale che è il momento di attuare delle correzioni e cambiare la nostra vita.

[1] Maier, S. F., & Seligman, M. E. (1976). Learned helplessness: Theory and evidence. Journal of Experimental Psychology: General, 105(1), 3–46. https://doi.org/10.1037/0096-3445.105.1.3

 

 

 

23 Agosto 2020

SEROQUEL: LA PILLOLA DEL SUICIDIO

Nel 2010 AstraZeneca ha sottoscritto un accordo di risarcimento danni con il Dipartimento della Giustizia USA per un importo di $520 milioni di dollari per avere diffuso informazioni false sul Seroquel (quetiapina).  

Il Seroquel è stato concepito come farmaco contro la schizofrenia e il disturbo bipolare mentre AstraZeneca ha promosso l’utilizzo del farmaco per tutt’altra serie di patologie.

Infatti tra il 2001 e il 2006 AstraZeneca ha pubblicizzato il Seroquel a psichiatri e ad altri specialisti per patologie mai autorizzate dall’FDA (Food and Drug Administration) per utilizzi cosiddetti off-label, ovvero non inclusi nell’elenco delle indicazioni terapeutiche presenti nel foglietto illustrativo. Ricordiamo a tutti che qualunque farmaco può essere prescritto solo ed esclusivamente per le patologie indicate nel foglietto illustrativo.

Il governo degli Stati Uniti ha affermato che AstraZeneca ha promosso illegalmente il Seroquel per degli usi che non sono mai stati approvati dall’FDA. Specificamente, tra il gennaio 2001 e il dicembre 2006, AstraZeneca ha pubblicizzato il Seroquel a psichiatri e altri medici per alcuni usi che non erano stati approvati dall’FDA come sicuri ed efficaci (inclusi aggressività, malattia di Alzheimer, gestione della rabbia, ansia, deficit dell’attenzione, iperattività, disturbo bipolare, demenza, depressione, disturbo dell’umore, stress post traumatico e insonnia).

Questi usi non approvati non erano tra le indicazioni accettate dal governo USA e dai programmi statali di Medicaid per la copertura del Seroquel.

Secondo il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, AstraZeneca ha indirizzato la commercializzazione illegale dell’antipsicotico Seroquel a dei medici che normalmente non trattavano la schizofrenia o il disturbo bipolare, come ad esempio medici che si occupano di anziani, medici di ambulatori, pediatri e medici per adolescenti, strutture per lunga degenza e istituti di pena.

Nelle accuse, il governo USA ha affermato che AstraZeneca ha promosso gli usi non approvati influenzando in modo improprio e indebito il contenuto e i relatori dei programmi di formazione medica sponsorizzati dall’azienda. L’azienda ha incaricato dei medici di tenere programmi promozionali sugli usi non approvati del Seroquel e di condurre studi su usi non approvati del Seroquel.

In aggiunta, la società ha assunto dei medici come autori di articoli e di studi che i medici in questione non hanno mai condotto ma che sono stati scritti da società private di letteratura medica.

AstraZeneca ha quindi utilizzato questi studi e articoli come base per messaggi promozionali sugli usi non approvati del Seroquel.

Secondo il governo degli Stati Uniti, AstraZeneca ha violato lo Statuto federale Anti-tangente offrendo e pagando una remunerazione illegale a dei medici assunti per recarsi in località turistiche per “informare”altri medici per gli usi non approvati del Seroquel e per dare lezioni promozionali ad altri professionisti sanitari circa gli usi inapprovati e non accettati del Seroquel.

 

Tra gli illeciti commessi da AstraZeneca:

 

1) La promozione commerciale/marketing dell’utilizzo del farmaco Seroquel come sonnifero, uso questo non presente nelle indicazioni terapeutiche contenute nel foglietto illustrativo.

 

2) L’aver corrotto due funzionari del dipartimento della sanità dello stato del Texas con 460.000 dollari per far si che questi prescrivessero il Seroquel ai minori ospiti di orfanotrofi e di altre strutture pubbliche.

 

3) L’omissione del suicidio tra gli effetti collaterali del medicinale, cosa questa che ha causato numerosi suicidi negli Stati Uniti e che ha portato circa 26.000 ricorrenti per lo più familiari delle vittime a fare causa all’azienda.

Secondo l’FDA il Seroquel è stata la sospetta causa primaria o secondaria di 20.000 “eventi avversi”: diabete, aritmia, sindromi irreversibili del movimento e suicidi. Questo numero include 1754 morti in cui il Seroquel è stato il sospetto primario e 2309 morti in cui il farmaco era il sospetto secondario. Nel 93% dei casi la causa è stata un’indicazione non presente nel foglietto illustrativo.

Per darvi un’idea di che volume di affari stiamo parlando, vi basterà sapere che nel solo 2011 e soltanto con la vendita del Seroquel AstraZeneca ha fatturato $5.8 MILIARDI di dollari. La sanzione comminata all’azienda come risarcimento complessivo alle vittime e ai loro familiari è stata di $520 milioni di dollari.

In pratica meno di un decimo del fatturato della vendita del Seroquel in un solo anno. Quindi pagare una sanzione corrispondente ad un decimo del fatturato di un anno di un solo medicinale è stato sicuramente un buon investimento. In Italia ma anche in Europa non abbiamo una giurisprudenza di class actions contro le case farmaceutiche, quindi su questi argomenti c’è il buio totale.

Questo è anche uno dei motivi perché la campagna vaccinale per il covid 19 non ha incontrato una grande resistenza nel nostro paese. In realtà per le case farmaceutiche le cause intentate per risarcimento danni sono voci di spesa che sono messe in conto.  Questo perché il risarcimento fino ad una certa cifra (più o meno un miliardo di dollari all’anno) è assolutamente conveniente rispetto al ritiro del farmaco dal mercato. Ovviamente in assenza di una storia di class actions contro le case farmaceutiche, nel nostro paese non c’è una informazione adeguata rispetto a queste problematiche.

Nel 2012 GlaxoSmithKline ha accettato di pagare il Dipartimento della Giustizia USA la cifra di 3 miliardi di dollari come transazione civile e penale relativa al misbranding dei farmaci Paxil e Wellbutrin e per aver occultato informazioni di sicurezza riguardo il farmaco sul diabete Avandia.

Sebbene una multa di $3 miliardi costituisca la più grande sanzione mai comminata ad una società farmaceutica, per GSK è stata una mera goccia nel mare del loro fatturato, poiché secondo l’Economist la cifra di $3 miliardi costituiva meno dell’11% del fatturato del 2012. Tra le accuse c’è il fatto che Glaxo secondo il Christian Science Monitor ha illegalmente promosso antidepressivi a bambini minori di 18 anni, grazie alla cui vendita Glaxo ha incassato la cifra di  $27.5 MILIARDI.

Se si vanno a vedere tutti i capi di accusa per i quali i procuratori federali e statali USA negli ultimi 20 anni hanno portato in giudizio le case farmaceutiche, il più comune è quello del marketing ingannevole, ovvero il promuovere e pubblicizzare l’utilizzo di un farmaco per una patologia diversa rispetto a quelle indicate nel foglietto illustrativo.

Non si tratta di un reato così…cioè non stiamo parlando di un tagliaerba usato come veicolo o di un tablet utilizzato come computer, stiamo parlando di un farmaco che viene pubblicizzato per un uso terapeutico diverso da quello per cui è stato concepito. Il SEROQUEL, concepito come farmaco anti-schizofrenico è stato illegalmente prescritto come sonnifero e per altri usi non autorizzati.

Probabilmente, questo è avvenuto anche nel nostro paese ma qui non è stata intentata alcuna causa contro il Seroquel.

Bisogna considerare che le industrie farmaceutiche negli USA spendono per il marketing una cifra che può arrivare anche a 20 volte di più rispetto a quello che spendono per Ricerca e Sviluppo (R&D). Credo che se le persone avessero saputo tutte queste cose prima della campagna mediatica sul covid 19, probabilmente avremmo avuto molte meno adesioni a questa iniziativa.

Il Seroquel è venduto e distribuito anche in Italia sopratutto nelle strutture pubbliche, nei ricoveri per anziani e in particolare nei SERT ma non sappiamo per quali indicazioni terapeutiche. In ogni caso in Italia le notizie dei risarcimenti ottenuti dai parenti delle vittime decedute negli USA  non sono mai state tradotte, pubblicate né diffuse in alcun modo.

Dal 2009, anno del risarcimento delle 26.000 vittime ad oggi sono passati 14 anni e nessuno parla più di questa storia.

 

10 Agosto 2020

Diario segreto di una influencer: una storia High Concept

Non avrei mai pensato che un giorno avrei scritto una recensione di un racconto scritto da una influencer.

Questo perché la mia opinione riguardo i cosiddettti “influencer” è che non contribuiscano granché all’evoluzione della nostra civiltà. Penso alle top influencer tipo Charli D’Amelio che su Tik Tok ha 76.8 milioni di followers o Addison Rae che ne ha 54 milioni.  Se guardate i loro video vi renderete conto che le loro performance sono una specie di pantomima, perché in pratica queste ragazze si limitano a “mimare” delle canzoni in sottofondo non proprio ballando ma accennando delle mosse sguaiate.  In verità credo che la celebrazione di questa pantomima con milioni di persone che guardano i loro video in tutto il pianeta, sia una perfetta metafora o meglio una perfetta rappresentazione della condizione umana attuale, in cui l’essere umano che ha in sé un potenziale divino, ha rinunciato a cimentarsi in grandi azioni creative che lo elevino verso l’alto e giace curvo su se stesso mimando canzonette e agitandosi in modo grottesco. / continua a leggere

High Concept articolo di Gianluca D'Agostino -
13 Maggio 2020

La “selezione” Istat crea allarmismo, ma il Covid-19 riguarda perlopiù gli over 65

Articolo di Gianluca D’Agostino

Venerdì 17 aprile, diversi quotidiani hanno aperto le loro prime pagine con il seguente titolo “ISTAT: più 20% decessi tra il primo marzo e il 4 aprile rispetto al 2015-19“. L’Huffington Post, ad esempio, ha corredato il suddetto titolo con un’immagine che ritrae otto casse da morto in una stanza buia e con il sottotitolo: La rilevazione è stata effettuata su una selezione di 1689 comuni“.

La storia inizia la sera del 16 aprile quando ISTAT pubblica l’aggiornamento settimanale dei decessi che trovate qui denominato Tavola sintetica e aggiungendo 605 comuni ai 1084 utilizzati nella selezione precedente, arrivando così a 1689. Poi a distanza di meno di 24 ore, visto che tutti gli organi di stampa hanno pubblicato titoli cubitali che riportavano la notizia di un incremento del 20% dei morti rispetto al 2019

/ continua a leggere su l’Antidiplomatico

 

High Concept: analisi del racconto dei media l Covid 19
13 Maggio 2020

Dati del Covid 19: un horror in stile Vanzina

Analisi narrativa del racconto fatto dagli organi di informazione sui dati dell’emergenza COVID 19.

Pubblichiamo volentieri il primo contributo di Gianluca D’Agostino per oltre tv. Gianluca D’Agostino ha un dottorato di ricerca in Teoria dell’Informazione e della Comunicazione conseguito presso l’Università di Macerata, è stato ricercatore presso il Dipartimento di Inglese dell’Università di Stanford, Visiting Scholar presso il Film Studies Department dell’Università della California Berkeley e presso il Media and Communication Department della Fordham University. Il suo saggio “High Concept, ideazione narrativa e marketing nel grande cinema” è presente nelle principali università: Bologna, Roma 3, IUAV, Francoforte, Princeton, Yale e New York University. E’ consulente narrativo di autori di fiction e saggistica e per le principali case editrici italiane (Academia).

/ continua a leggere su oltre.tv

 

19 Giugno 2019

Corporate Storytelling: How Businesses turn into Storytelling machines

Business Narratives, Corporate Storytelling….what’s this all about?

The Coca Cola Company website has become a storytelling factory.

“The most outrageous way to share a coke” is the headline of a number of videos posted by Coke consumers who engage with the concept of sharing.

Coca Cola leads the way in the world’s Corporate communication and shows the market main trend.

/ continua a leggere